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PITTORI: Frate Nebridio

Lettera E con Sant'Agostino. Bologna, Museo Civico Medievale,Palagi n. 130 di frate Nebridio

Lettera E con sant'Agostino

 

 

FRATE NEBRIDIO

1470-1480

Bologna, Museo Civico Medioevale, Palagi n. 130

 

Sant'Agostino vescovo e Dottore della Chiesa

 

 

 

La lettera E con l'immagine miniata di sant'Agostino, in cui compare l'iscrizione «Il mio fil(io) fr(ate) Nebridio si me a depinto ad hono(rem) dei et c(etera)» è opera del miniatore cremonese frate Nebridio, ultimo baluardo della cultura tardogotica, la cui produzione rivela un evidente accostamento alla pittura di Bonifacio Bembo, su cui si innestano soluzioni personali quali l'invenzione di bordure, dove fanno capolino gli angeli musici, cifra distintiva della produzione pittorica dell'artista.

Questo sant'Agostino presenta una posa di tre quarti che riesce a esprimere una costruzione spazialmente più evoluta rispetto ai primi lavori attribuiti all'artista quali le miniature del Bellum Jugurtinum e del Bellum Catilinarium di Sallustio, miniato per Ludovico il Moro nel 1467, nel Breviario per il convento di San Domenico a Cremona scritto dal frate Andrea da Cremona nello stesso anno, nel poco successivo Breviario Agostiniano di Oxford, che anticipa i ritagli di Harvard, e nello splendido Breviario donato dal protonotaro apostolico Francesco Corti al cardinale Ascanio Maria Sforza, che lo aveva investito del titolo onorifico nel 1485.

Negli ultimi decenni del Quattrocento Nebridio entra in contatto sia con la cultura di matrice rinascimentale di Antonio Cicognara, autore nel 1480 dell'Antiphonarium proprium Sanctorum per la cattedrale di Cremona, sia col più giovane Baldassarre Coldiradi, attivo tra il 1482 e il 1484 nei codici VI e X sempre per il Duomo, da cui Nebridio mutua il gusto per le rocce verdi dai balzi viola che si elevano verso il cielo e che sono ben raffigurate nel ritaglio preso in esame, in cui si nota una maggior complessità nella definizione della lettera dalle foglie ampie e carnose che si avviluppano al roseo profilo.

Anche in questa circostanza Agostino viene presentato vestito da vescovo, con la mitra in testa e un semplice bastone pastorale. Sotto il piviale tuttavia porta con modalità ben visibili il nero saio dei monaci agostiniani, secondo una consuetudine iconografica diffusa dall'Ordine eremitano, che così voleva dimostrare la sua diretta discendenza da Agostino come padre fondatore.

 

 

Frate Nebridio

L'ultima opera miniata con cui frate Nebridio sembra concludere la sua prolifica carriera di amanuense è probabilmente il Libro d'ore dedicato alla Vergine scritto da Matteo de Renari per il convento di san Domenico a Cremona. Entro il 1503 Nebridio concludeva la sua esistenza terrena, affidando al nipote Marchino il completamento delle sue opere, come suggerirebbe il pagamento effettuato a suo favore per terminare un graduale per il monastero di san Sigismondo. L'attività di miniatore del frate si profuse per i maggiori cenobi di Cremona, dapprima attivo per la chiesa di san Lorenzo a Cremona e poi nella stessa città per le chiese di san Domenico e san Sigismondo. Nebridio, che la miniatura ritagliata di Bologna porta a ritenere possa essere stato un monaco agostiniano, in realtà non fu mai monaco olivetano, il che viene confermato dal Liber Professorum e dal Necrologium dell'abbazia di Monte Oliveto Maggiore. Con tutta probabilità Nebridio fu monaco benedettino. In un'inedita trascrizione senza data, conservata nei registri del convento di san Domenico è riportato un pagamento del 7 dicembre 1499 a «don Nebridio dell'ordine dei monaci di san Lorenzo di Cremona per lettere otto de miniature de notturni, e lo minio delli hinni, li quali lui ha miniato, e lo salterio notturno a £. 10 per cadauna lettera, eccetto il principio, del quale havvi £. 20»15; altri registri di pagamento dello stesso convento rivelano che l'artista ebbe una lunga consuetudine sia con i domenicani sia con gli agostiniani, a testimonianza della bravura raggiunta dal miniatore.