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PITTORI: Biagio d'Antonio

Vergine in trono con il Bambino e i santi Agostino, Pietro Martire, Caterina da Siena, Domenico e Giacomo

Vergine con il Bambino e i santi Agostino, Pietro Martire, Caterina da Siena, Domenico e Giacomo

 

 

BIAGIO D'ANTONIO TUCCI

1470

Budapest, Szepmuveszeti Museum

 

Vergine in trono con il Bambino e i santi Agostino, Pietro Martire, Caterina da Siena, Domenico e Giacomo

 

 

 

Dipinta a tempera, la tavola misura 165x177 cm e proviene dall'altare maggiore di san Domenico del Maglio a Firenze. Di quest'opera abbiamo una prima citazione da Vasari che ne parla nelle sue Vite (1568) a proposito di Andrea del Verrocchio: in tale circostanza ricorda una tavola per le monache domenicane "nella quale gli parve essersi portato molto bene."

Verso la metà dell'Ottocento la tavola passò nelle mani di Alessandro Foresi, che tentò inutilmente di venderla ai musei europei. L'opera infine passò a Ferenc Pulszky che la destinò alla Galleria Nazionale di Budapest, dove tuttora si trova. La critica più recente ha accolto l'attribuzione a Biagio d'Antonio proposta dal critico d'arte Boskovits. La tavola ha per soggetto la Vergine incoronata da due angeli con in braccio il Bambino mentre siede su un trono. La disposizione della Vergine richiama un analogo tema cella Natività di Verrocchio. Il Bambino benedice santa Caterina da Siena inginocchiata in abiti domenicani, che viene presentata da san Pietro martire. A destra della Vergine è ritto in piedi san Domenico benedicente con l'indice rivolto verso l'alto. Nella mano sinistra regge un libro chiuso ed è accompagnato da san Giacomo Maggiore che impugna con la destra il bastone del pellegrino e con la sinistra un libro.

All'estrema sinistra troviamo un santo vescovo con le sue insegne episcopali. In testa porta una mitra nimbata mentre con la mano sinistra regge il bastone pastorale. La mano destra è alzata per benedire. Tutti i santi sono legati all'ordine domenicano, per cui è plausibile che il vescovo sia Agostino, autore della regola che viene seguita dai monaci domenicani.

L'opera venne eseguita con ogni probabilità nella seconda metà del Quattrocento e certamente prima del 1476, quando il pittore è segnalato in attività a Faenza.

 

 

Biagio d'Antonio Tucci

Sono scarne le informazioni che riguardano questo pittore, sconosciuto per lungo tempo e confuso con altri artisti della sua epoca che operarono a Faenza. Nacque a Firenze verso il 1445. I suoi primi lavori lo avvicinano allo stile di Pesellino e Filippo Lippi, mentre nella maturità fu fortemente influenzato da Verrocchio e Domenico Ghirlandaio. Artista eclettico egli seppe assimilare le novità introdotte dai pittori fiorentini più alla moda del suo tempo. La sua attività principale, soprattutto in età giovanile, era la decorazione di grandi casse, che le spose portavano in dote. Questi lavori raffiguravano di solito scene dell'antichità classica o della mitologia, con una grande profusione di piccole figure. Sembra che abbia collaborato con altri artisti alla loro realizzazione: fino al 1470 condivise una bottega con Bernardo di Stefano Roselli e intorno al 1472 probabilmente anche con Jacopo del Sellaio. Dal 1476 al 1504 lavorò a lungo a Faenza, dove organizzò un'attiva bottega che lavorò per le più importanti chiese della città. In un documento faentino del 1476 il pittore è indicato "de Florencia populi Sancti Laurentii". A Faenza tornò nuovamente nel 1483, quando i Domenicani gli commissionarono la tavola per l'altare maggiore della chiesa di sant'Andrea, attualmente nella Pinacoteca Comunale di Faenza. Nel novembre del 1504 Antonia, vedova Bazzolini, gli commissionò la pala per la cappella omonima nella chiesa dei Francescani oggi nella Pinacoteca di Faenza, che raffigura la Madonna e i Santi Giovanni Evangelista e Antonio da Padova. Nel 1481-1482 collaborò con Cosimo Rosselli alle decorazioni ad affresco della Cappella Sistina in Vaticano. Alcuni storici gli attribuiscono l'episodio del Passaggio del Mar Rosso e altri minori dipinti come la Cattura di Cristo o la Crocifissione. Va infine ricordato che fu assistente del Perugino nella decorazione di Palazzo Vecchio a Firenze. Fra le altre sue opere troviamo la predella Temperani a Cortona e la Madonna tra San Francesco e la Maddalena a San Casciano in Val di Pesa. Dopo il 1504 i documenti faentini non li citano più, per cui è probabile che sia tornato a Firenze. Morì attorno al 1510.