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PITTORI: Giovanni Battista Florio

Sant'Agostino vescovo e Dottore della Chiesa

Sant'Agostino vescovo e Dottore della Chiesa

 

 

GIOVANNI BATTISTA FLORIO

1630-1640

Treviso, chiesa di sant'Agostino

 

Sant'Agostino vescovo e Dottore della Chiesa

 

 

 

La statua è posta su una mensola a lato della Pala con la Madonna e il Bambino e i santi Agostino e Gerolamo Miani, un capolavoro di Antonio Marinetti datato 1760 circa. La pala si trova sulla parete di fondo del piccolo coro dietro l'altare maggiore. La statua, assieme alla raffigurazione di santa Monica, è stata realizzata in legno policromo e in origine era associata alla statua della Madonna della Cintura presente nella stessa chiesa.

Lo scultore ha raffigurato Agostino nelle sue vesti episcopali con una elegante mitra in testa e il bastone pastorale saldamente impugnato nella mano destra. Con la mano sinistra il santo regge un libro appoggiato al tronco. Una folta barba fluente e riccioluta gli scende dal mento a corollario di un viso dallo sguardo severo e profondo. Sotto il mantello del piviale è ben visibile la tunica nera dei monaci agostiniani, che hanno sempre ritenuto Agostino il loro autentico fondatore e di cui seguono la regola. Questo particolare tradisce l'origine di questa e delle altre due statue realizzate dall'artista scultore.

Queste interessanti statue lignee policrome furono realizzate da Giovanni Battista Florio agli inizi del Settecento per la chiesa di santa Margherita a Treviso, che era tenuta dagli Eremitani agostiniani. Dopo la soppressione di questa chiesa le statue furono trasferite agli inizi del XIX secolo in sant'Agostino. La chiesa e il convento di santa Margherita erano stati fondati dai frati dell'ordine degli Eremitani, quando nel 1266 si stabilirono definitivamente nel nuovo borgo cittadino di San Paolo. La chiesa di santa Margherita era, nel Medioevo, uno dei complessi religiosi più importanti di Treviso, come testimonia la presenza di importanti cicli di affreschi come quello trecentesco delle Storie di Sant’Orsola, opera di Tomaso da Modena. È stata per molti secoli una delle chiese più belle e ricche di Treviso, non solo per gli affreschi ma anche per le tombe di oltre 40 famiglie facoltose. Vi fu sepolto Pietro figlio di Dante Alighieri, che morì a Treviso il 21 aprile 1364 mentre si trovava a soggiornare in città. A Pietro fu dedicato un monumento funebre realizzato dallo scultore veneziano Zilberto Santi su commissione di Fra Liberale e di Leonardo di Baldinaccio. La tomba fu collocata nel chiostro della chiesa. Scomposto e rimosso durante l'occupazione napoleonica, il monumento fu in parte salvato dai canonici, che ne nascosero le parti in un cortile tra il Duomo e la Biblioteca Capitolare. Nel 1935 questi resti furono trasferiti all'interno della chiesa di San Francesco, da poco riaperta al culto, e ricomposti in un'arca sospesa a parete, sul lato sinistro della navata, non lontano dalla lapide di Francesca Petrarca, seconda figlia del poeta autore del Canzoniere, che morì di parto. La chiesa di santa Margherita può essere considerata il Pantheon degli esuli fiorentini che l'avevano eletta a loro luogo di culto. A seguito dei decreti ecclesiastici napoleonici del 1806, il convento venne soppresso, la chiesa fu adibita a deposito e la comunità agostiniana venne incorporata a Santo Stefano a Venezia.

 

La chiesa internamente si sviluppa architettonicamente con una elegante aula ellittica in cui trionfano la luce e i colori pastello degli stucchi rococò. La struttura e gli spazi furono disegnati da padre Francesco Vecelli, Provinciale della Congregazione dei Chierici Regolari Somaschi e architetto per diletto. Dal 1752 al 1760 la chiesa, fin dal 1597 affidata alla Congregazione somasca, fu rinnovata per esaltare la figura del fondatore dell'ordine Gerolamo Miani, proclamato beato nel 1747 e santo nel 1767.