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PITTORI: Vitale da Bologna

L'abside della chiesa con gli affreschi

L'abside della chiesa con gli affreschi

 

 

VITALE DA BOLOGNA

1308-1359 ca.

Abbazia di Pomposa

 

Agostino dottore della Chiesa

 

 

 

La vita di Vitale degli Equi detto Vitale da Bologna è poco conosciuta anche se è considerato uno dei massimi artisti della cultura figurativa trecentesca. La sua formazione matura nell'ambito del gotico bolognese, dove lavora dal 1330 quando aveva circa 25 anni. Dipinse nella cappella Odofredi nel convento di San Francesco a Bologna (1330-1340) un'Ultima cena, il cui affresco fu staccato e conservato alla Pinacoteca di Bologna. Fra il 1345-1348 nello stesso convento esegue l'affresco della Resurrezione. Lo stile di queste opere è una originale interpretazione del gotico, che si distingue per una accentuata drammaticità accoppiato a un forte cromatismo. Produce quindi gli affreschi nella chiesa di Santa Maria o Santa Apollonia di Mezzaratta e le tavole dell'Oratorio di Santa Maria dei Denti.

A causa della peste (1347-48) Vitale lascia proseguire il lavoro agli allievi e se ne va da Bologna a Udine: al 1348 risalgono gli affreschi con le Storie di S. Nicolò Duomo di Udine. Ritornato a Bologna in Santa Maria dei Servi dipinge gli affreschi con le Storie della Vergine e della Maddalena. Fino al 1351 è al lavoro all'Abbazia di Pomposa, dove affresca le Storie di sant'Eustachio nell'abside con Cristo benedicente tra schiere di santi ed angeli. Alla sua destra dipinge la Vergine, San Guido Abate, e l'abate committente Andrea; al di sotto gli evangelisti e i Dottori della Chiesa (fra cui Agostino e san Gerolamo), mentre tra le finestre sono i Santi Martino e Giovanni Battista. Sotto, veritiere ed umanissime, sono narrate le storie della vita di S. Eustachio. Gli affreschi delle pareti, attribuiti ad aiuti, sono organizzati in tre gruppi che raffigurano le storie dell'Antico, del Nuovo Testamento e dell'Apocalisse. Le scene sono interrotte guardando l'altare (Adamo ed Eva, e le storie di Caino e Abele) dalla controfacciata in cui campeggia un Giudizio Universale alquanto stereotipato di sapore arcaico, che corrisponde all'arcaismo dell'intento di tutti gli affreschi, quello della Bibbia dei poveri, in voga in pieno medioevo. In queste opere Vitale riesce a costruire un rapporto più pieno tra figure e ambiente descrivendo più umanamente i personaggi. E' altresì evidente la sua caratteristica di saper adeguare la sua pittura al tema.

Vengono tralasciati i precedenti legami con l'arte gotica e vengono assimilate le impostazioni che trovano riferimenti nell'arte giottesca. L'aumentato interesse per un simbolismo sia delle forme che dei colori appare chiaramente nel Polittico di S. Salvatore del 1353, in cui è ancora vivace la presenza di più stili che caratterizzano la sua arte nella fase legata alla cosiddetta arte di corte.

 

8. 1. Ma il beato Valerio, ormai vecchio, che più degli altri esultava e rendeva grazie a Dio per avergli concesso quello speciale beneficio, considerando quale sia l'animo umano, cominciò a temere che Agostino fosse richiesto come vescovo da qualche altra chiesa rimasta priva di pastore, e così gli fosse tolto. E ciò sarebbe già accaduto, se il vescovo, che era venuto a sapere la cosa, non lo avesse fatto trasferire in un luogo nascosto, sì che quelli che lo cercavano non riuscirono a trovarlo.

8. 2. Il santo vecchio, vieppiù timoroso e ben consapevole di essere ormai molto indebolito per le condizioni del corpo e per l'età, scrisse in modo riservato al primate di Africa, il vescovo di Cartagine: faceva presente la debolezza del corpo e il peso degli anni e chiedeva che Agostino fosse ordinato vescovo della chiesa d'Ippona, sì da essere non tanto suo successore sulla cattedra bensì vescovo insieme con lui. Di risposta ottenne ciò che desiderava e chiedeva insistentemente.

8. 3. Qualche tempo dopo, essendo venuto Megalio, vescovo di Calama e allora primate della Numidia, per visitare dietro sua richiesta la chiesa d'Ippona, Valerio, senza che alcuno se l'aspettasse, presenta la sua intenzione ai vescovi che allora si trovavano lì per caso, a tutto il clero d'Ippona ed a tutto il popolo. Tutti si rallegrarono per quanto avevano udito e a gran voce e col massimo entusiasmo chiesero che la cosa fosse messa subito in atto: invece il prete Agostino rifiutava di ricevere l'episcopato contro il costume della chiesa, mentre era ancora vivo il suo vescovo.

8. 4. Allora tutti si dettero a persuaderlo, dicendo che quel modo di procedere era d'uso comune e richiamando esempi di chiese africane e d'oltremare a lui che di tutto ciò era all'oscuro: infine, pressato e costretto, Agostino acconsentì e ricevette l'ordinazione alla dignità maggiore.

8. 5. Successivamente egli affermò a voce e scrisse che non avrebbe dovuto essere ordinato mentre era vivo il suo vescovo, perché questo era vietato dalla deliberazione di un concilio ecumenico, che egli aveva appreso soltanto dopo essere stato ordinato: perciò non volle che fosse fatto ad altri ciò che si doleva essere stato fatto a lui.

8. 6. Di conseguenza si adoperò perché da concili episcopali fosse deliberato che coloro che ordinavano dovevano far conoscere a coloro che dovevano essere ordinati o anche erano stati ordinati tutte le deliberazioni episcopali: e così fu fatto.

POSSIDIO, Vita di Agostino, 8, 1-6