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La Provincia agostiniana di Sardegna

Statua di sant'Agostino a Cagliari

Statua di sant'Agostino a Cagliari

 

 

LA PROVINCIA AGOSTINIANA DI SARDEGNA DAGLI INIZI A TUTTO IL XVI SECOLO

di Lino Neccia

da Analecta Augustiniana, LXII (1999), pp. 359-389

 

 

 

 

LA SEPARAZIONE DELLA SARDEGNA DALLA SPAGNA

Il 31 agosto 1572, con decreto del P. Generale Taddeo da Perugia, i conventi sardi vengono separati dalla Spagna e resi autonomi: "Publicas litteras dedimus Patribus Insulae Sardiniae quibus Conventos illos exemimus a iura et regimine Patrum Provinciae Aragoniae et ex eis congregationem distinctam ab alijs fieri concessimus, qua sub immediata cura Generalis ordinis existat, et singulo biennio Vicarium eligat, ut a nobis missum suscipiat ..." [1].

Con questo atto del superiore generale si istituiva di fatto la vera provincia di Sardegna, autonoma e circoscritta all'isola. Almeno in un primo tempo, però, le venne riconosciuta la figura giuridica di vicariato e non lo status di provincia con tutti i diritti del caso. Non si trattava tuttavia di una decisione maturata appositamente in tal senso, ma della logica conseguenza di un'iniziativa dei conventi spagnoli. Da tempo, infatti, lo stesso Re di Spagna sollecitava la diffusione dell'osservanza e della riforma presso tutti gli ordini religiosi, da tempo essa era stata introdotta anche tra gli Agostiniani, ma se ne voleva un'estensione sempre più ampia, che coinvolgesse infine tutti i conventi.

Si trattava, in questo caso, della riforma degli ordini religiosi voluta dal Concilio di Trento, a seguito delle ben note vicende che avevano scosso la Chiesa e l'Ordine Agostiniano. In tale ottica, il generale dell'Ordine aveva più volte insistito presso le provincie non riformate, perché si decidessero ad abbracciare il nuovo stile di vita. Le esortazioni del superiore generale erano dirette soprattutto alla provincia d'Aragona: "Provincialis Aragoniae monetur ad reformationem suorum, ne id Papa per extraneos visitatores agat, ut factum est Franciscanis Conventualibus" [2].  

Questa nota del superiore dell'Ordine è del 2 ott. 1567 e contiene, come si vede, anche una sorta di implicito ultimatum, come a dire: se non sarete voi ad attuare la riforma, questa vi verrà imposta dall'alto, dal Papa, su richiesta del Re e attraverso un visitatore esterno ed estraneo, come già accaduto ai francescani conventuali. La sottile minaccia in effetti ebbe seguito e un gruppo di cinquanta religiosi della provincia di Castiglia, già riformata, guidati da P. Rodrigo de Solis, vennero inviati nella provincia d'Aragona per diffondervi l'osservanza. Il primo marzo 1569 questi frati, con a capo il P. Rodrigo in qualità di riformatore apostolico, si accordarono con i loro confratelli del Regno di Valenza per l'introduzione del nuovo tipo di vita religiosa anche nei conventi di quella regione. L'accordo venne sancito ufficialmente il 13 maggio 1571 nel convento di S. Agostino di Valenza, in questa sede si decise anche di aggregare i conventi spagnoli della provincia di Sardegna alla Provincia della Corona di Aragona [3]. Tra i conventi spagnoli della ormai ex provincia di Sardegna e i conventi di Aragona c'erano sempre stati contatti, soprattutto a livello di interscambio di religiosi.

La provincia di Sardegna, fin dagli inizi, soffriva della penuria di personale, a cui i provinciali e il generale cercavano di supplire inviando frati da altre provincie, soprattutto dalla vicina Aragona. Il P. Girolamo Seripando, nella sua visita del 1541, ne fece quasi una regola: "Volumus etiam ut quando fratribus indigetis, neminem excipere audeatis alienae provinciae qui licentiam non habeat sui provincialis, sicut nuperrime in generali capitulo decretum est. Placeret vero nobis summopere, ut tanta esset vobis cum provincia Aragoniae concordia, ut qui ex vestra provincia casu aliquo exire velint, ad Aragoniae provinciam se conferrent; contraque ex Aragonia ad vos, semper habita superiorum licentia" [4]. La vicinanza geografica, quindi, ma anche un'antica consuetudine di buoni rapporti e di conoscenza reciproca, nonché la comune volontà di dar seguito ad un progetto di vita religiosa più impegnativo, fecero sì che le cose andassero nel modo che s'è visto.

I conventi sardi non entrarono per nulla in questa decisione, anzi si può dire che in qualche modo la subirono. Senza dubbio questo fu un momento difficile per le case agostiniane dell'isola, perché il legame con la Spagna voleva dir molto: a Valenza c'era il noviziato comune della provincia, istituito durante la sua visita dal P. Seripando, vi era l'ormai affermato studio generale nel convento di S. Agostino; insomma, vi erano le condizioni ideali per la formazione dei giovani e quindi per lo sviluppo della provincia. Né vanno poi trascurati gli altri vantaggi, compreso quello economico. I sardi, quindi, si ritrovarono da soli e forse anche disorientati, come si può evincere dal capitolo generale del 1582, cui presenziarono anche i rappresentanti dell'isola: "De Provincia Styriae et Carinthiae, Germaniae, et Sardiniae suo loco et tempore providebitur" [5].

Come si può notare, la Sardegna viene inserita in una lista di provincie in difficoltà, quelle germaniche per i motivi che si conoscono, quella sarda evidentemente per la situazione di precarietà in cui versava, anche perché, come s'è visto, non possedeva più i requisiti per essere provincia. Comunque resta il fatto che i conventi dell'isola, seppur separati dalla Spagna, non vengono aggregati ad altra provincia o congregazione italiana, ma continuano a far parte a sé. Il capitolo generale del 1582 si adoperò affinché tale autonomia non fosse troppo accentuata, allorché non concesse ai sardi né lo status di congregazione di osservanza, né quello di provincia: "Provinciam Sardiniae non vocandam esse Congregationem declarat" [6]. Dal momento però che la Sardegna politicamente era e restava dominio spagnolo, è ovvio che i rapporti tra gli agostiniani sardi e la Spagna continuarono ad esservi: in fondo, si può ben considerare la nuova provincia dell'isola come una fondazione o una filiazione degli agostiniani spagnoli. Fino al termine del governo spagnolo in Sardegna (pace di Rastatt, 1714) vi furono stretti contatti, tanto che troviamo spesso religiosi spagnoli nei conventi sardi, e a volte il provinciale stesso fu spagnolo, persino nei secc. XVII e XVIII, quando ormai la quasi totalità dei frati era costituita da oriundi dell'isola.

A proposito dei rapporti tra i religiosi sardi e quelli di Spagna, soprattutto nel sec. XVI, lo studio che lo storico Dionigi Scano ha compiuto intorno ad una querelle sorta tra la Sardegna e la Spagna, fa completa chiarezza di quali fossero i termini della questione. Ne riporto le parti più importanti: "(Ci fu) una manifestazione d'italianità nel sec. XVI per parte del clero regolare, manifestazione che, sfuggita alle ricerche dei nostri storici, presenta uno speciale interesse in quanto la si ebbe quando i dominatori spagnoli -dopo aver sottomessa ed occupata l'intera isola- intendevano non solo imporre le costituzioni politiche ed economiche della loro terra, ma anche sottrarre le espressioni religiose e culturali degli isolani all'influenza del pensiero e della civiltà italiana per indirizzarli agli schematici sistemi spagnoli... (i contrasti sorti a motivo di ciò) diedero origine ad un movimento tendente ad eliminare i minori osservanti dalla vita isolana, prima col sottometterli all'obbedienza del ministro generale dei conventuali e poscia con l'allontanamento dei frati sardi o còrsi e con la loro sostituzione con spagnoli ... A sostegno dell'italianità dell'ordine sorse un frate sardo, Fra Natale Muzica, procuratore generale dei minori osservanti della provincia di Sardegna. Egli si rivolse non al re di Spagna ma al pontefice per combattere "la importuna petizione che Fr. Angles et altri frati spagnoli fanno in nome di Sua Mayestà Cattolica di unire gli Monasterij e conventi del glorioso S. Francesco, tanto osservanti come claustrali della Provincia e Regno di Sardegna alla provincia di Spagna" e per supplicare che sieno conservati all'obbedienza italiana, essendo noto che detta isola era anticamente sotto l'Italia... (Fr. Natale Muzica) rivolge un commovente appello a tutti gli ordini monastici italiani per averne una conferma. Tutti i superiori rispondono all'appello con dichiarazioni che nel loro insieme costituiscono un solenne inno d'esaltazione alle comuni origini italiane... attestanti tutti con sintomatica unanimità la dipendenza dei religiosi di Malta, di Sicilia e di Corsica da superiori italiani" [7].

Le cose stavano sicuramente nei termini che lo storico sardo espone, tuttavia per gli agostiniani non era proprio cosi, appunto in ragione del fatto che avevano intrapreso un iter opposto: gli agostiniani spagnoli si staccavano dalla Sardegna, non accadeva per loro il contrario. In un primo tempo il procuratore generale dell'Ordine sembrò addirittura non comprendere quanto gli veniva chiesto, tanto che fornì una risposta ovvia e scontata: "Io Fr. Spirito Vicentino Procuratore dell'Ordine Agostiniano fo fede come la provincia di Sicilia, et la provincia di Sardegna, con tutti li Conventi loro dell'Ordine nostro sono sotto il governo, et l'autorità del P. R.mo nostro Generale M.o Taddeo Perugino italiano. Si come sono state sempre sotto l'obedienza delli R.mi Generali passati, di qual si voglia natione che siano stati. Ego qui supra Fr. Spiritus Vicentinus manu propria" [8].

Ad una seconda e più precisa richiesta di chiarimento, il procuratore generale risponde ancora in modo vago ed evasivo: in poche parole, non chiarisce affatto se per gli agostiniani si debba parlare di sottomissione all'Italia o alla Spagna: "Provinciae Insularum Siciliae et Sardiniae Ordinis Eremitarum Sancti Augustini reguntur per provinciales electos vel a Diffinitoribus Generalis Capituli, vel a patribus eiusdem provinciae, vel aliquando a R.mo Patre Generali per modum provisionis: et tunc Rector et non prior provincialis appellatur. Siciliae vero coniuncta est insula Melites tria continens Monisteria. Huiusmodi autem provinciae, et earum rectores subduntur authoritati R.mi Patris Generalis, cuiuscumque nationes ille fuerint; qui etiam vicarios sive commissarios suos, cum necesse fuerit in easdem Provincias mittit; in Siciliam quidem Italos ferme semper; in Sardiniam vero nunc Italos, nunc Hispanos, prout sese occasio obtulerit. Haec in fidem et testimonium veritatis requisiti a Patribus Ordinis Sancti Francisci de observantia provinciae Sardiniae scripsimus et affirmavimus, ut nunc quoque propriae manus scriptione et subscriptione confirmamus. Romae die 16 Iulii 1577. Fr. Spiritus Vicentinus Procurator Ordinis Sancti Augustini" [9].

Devo aggiungere che, in relazione a questioni del genere, non si hanno ulteriori informazioni. Certo non posso affermare con sicurezza che gli agostiniani sardi abbiano accettato sempre e di buon grado l'ombrello protettivo spagnolo, ma il fatto che spesso troviamo religiosi spagnoli di famiglia nei conventi sardi, provenienti soprattutto dalle Baleari, è indice di una certa comunanza e serenità di rapporti. Questi legami permarranno, come già detto, anche nei secc. XVII e XVIII e riguarderanno in egual misura l'Italia e la Spagna: infatti, si troveranno spesso religiosi sardi anche in Italia, soprattutto nei conventi di Napoli e della Campania in genere.

 

 

 

Note

 

(1) - AGA, Dd. 34, c. 5v.

(2) - Biblioteca Angelica Roma, ms. 148, cit., c. 53.

(3) - Si veda sull'argomento lo studio del P. Carlos ALONSO, OSA, La Reforma tridentina en la Provincia Agustiniana de la Corona de Aragòn (1568-1586), Valladolid 1984.

(4) - Hieronymi SERIPANDO, OSA, Reg. Gener. II, cit., p. 135.

(5) - Biblioteca Angelica Roma, ms. 148, cit., c. 66.

(6) - Biblioteca Angelica Roma, ms. 148, cit., c. 66.

(7) - Dionigi SCANO, Codice diplomatico delle relazioni fra la Santa Sede e la Sardegna, parte II: da Gregorio XII a Clemente XIII, Cagliari 1941, vol. II, tavv. LXI-LXIX e pp. 372-379.

(8) - Ibidem, p. 377.

(9) - Dionigi SCANO, cit., p. 378.