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Stemma agostiniano postconciliare

Stemma agostiniano postconciliare

 

 

ORIGINI E SVILUPPO DELLO STEMMA AGOSTINIANO

 

 

 

Lo stemma attraverso il quale l'Ordine Agostiniano indica simbolicamente riassunto il proprio messaggio consta di due elementi: un libro aperto e un cuore fiammeggiante trafitto da una freccia.

Questi simboli esprimono un chiaro riferimento all'esperienza interiore di S. Agostino (cfr. Confessioni 8.12.29; 10.6.8; Commento al Salmo 44,16; 137,2). In Agostino l'effetto sconvolgente della Parola di Dio, che lo portò a piena conversione, fu avvertito come freccia che penetra il cuore accendendolo di divino amore. Da qui prende origine il fatto che l'iconografia agostiniana è spesso caratterizzata da un cuore che arde. Con una varietà di forme, che via via si vanno definendo e stabilizzando, gli Agostiniani cominciano a servirsi del cuore come loro emblema fin dal secolo XVI, mentre la Parola di Dio si visualizza nella figura del Libro sacro quale è appunto la Bibbia.

Verso il secolo XVIII lo stemma agostiniano si arricchisce di altri elementi che richiamano l'abito dell'Ordine (la cintura) o la dignità episcopale di Agostino (croce, pastorale, mitra), viene aggiunto anche il motto "Tolle lege" (Prendi e leggi, Confessioni 8.12.29). Fino ad oltre la metà del XX secolo il libro appare chiuso. Dall'epoca del capitolo generale straordinario (1969), previsto dalle direttive del Concilio Vaticano II, l'Ordine è ritornato alla forma più immediata dello stemma, quale oggi figura, in forma stilizzata, nei documenti ufficiali della Curia Generalizia.

Per quanto riguarda l'evoluzione storica, i primi abbozzi di stemmi, che in genere appaiono nelle strutture architettoniche come elementi decorativi sono abbastanza tardivi e sono costituiti da un unico elemento, il cuore, a volte trafitto da una freccia. Nelle Costituzioni del 1649 appare il cuore con due frecce incrociate dentro uno scudo, sostenute da un putto che con l'altra mano regge mitra e pastorale di sant'Agostino. A partire dal 1679 il cuore trafitto viene abitualmente accompagnato da un libro, che soggiace al cuore stesso, e da una cintura che poggia a volute tra i due elementi.

Nel XVIII secolo si impone la tipologia più complessa comprendente tutti gli elementi sopra descritti.

Anche i rami della famiglia agostiniana hanno avuto un proprio stemma: aggiungiamo in questa circostanza la descrizione degli stemmi degli Agostiniani Scalzi di Francia e di Spagna secondo la testimonianza dell'Helyot.

 

Gli Scalzi d'Italia hanno sempre usato gli elementi araldici tradizionali dell'Ordine.

Gli Agostiniani SCALZI di Francia tennero per stemma un campo "D'azzurro seminato di fiordalisi d'oro, caricato al centro di uno scudo d'oro a tre cuori rossi caricati di tre fiordalisi d'oro. Lo scudo sormontato da una corona di Principe di sangue e contornato da un rosario con una cintura di S. Agostino più cappello vescovile."

Gli Agostiniani SCALZI di Spagna adottarono uno stemma con campo "D'azzurro a un cuore trafitto da due frecce incrociate, sormontato da un cappello vescovile."

 

 

SIGILLI DEGLI ORDINI SOTTO LA REGOLA DI SANT'AGOSTINO

Il materiale sfragistico degli ordini e delle congregazioni religiose italiane non è molto ricco, perché le soppressioni che ebbero luogo alla fine del secolo XVIII causarono lo smembramento e la dispersione di molti archivi, con la conseguente scomparsa d'una quantità di sigilli. Ma una parte dei documenti, dei codici, dei sigilli monastici finì negli archivi pubblici, nei musei, nelle biblioteche, ed è sufficiente per una valutazione d'insieme e per una visione panoramica dei temi iconografici ed araldici usati dalle curie generalizie, dagli uffici centrali, dalle province, dai conventi, dai frati e dalle suore, nel Medioevo e nel Rinascimento.

 

Col nome di Agostiniani si sogliono indicare soprattutto i Canonici regolari di sant'Agostino (la cui riorganizzazione risale al Concilio Lateranense del 1059), e gli Eremitani di sant'Agostino, riformati nel 1256 da Alessandro IV, che riunì e fuse varie congregazioni di Eremiti professanti la regola agostiniana. Anche altre famiglie religiose, meno diffuse, seguirono quella regola. Per lo più le sedi generalizie assunsero come simbolo principale la venerata immagine di sant'Agostino, mentre le provincie e i conventi adottarono figure di santi protettori particolari. È noto che ciascuna provincia, all'atto della costituzione, si poneva sotto il celeste patrocinio d'un santo, che poteva essere quello della città o quello d'un benefattore o del primo provinciale. Lo stesso avvenne per i conventi.

Ma quelle province e quei monasteri che furono insediati in antichi conventi d'ordini cessati, ovvero a fianco di chiese preesistenti, ne assunsero senz'altro i titoli. Ciò spiega perché in molti sigilli appaiono immagini di santi che non ebbero alcuna relazione con Agostino nè con le congregazioni che ne presero la regola. La sede centrale della congregazione dei Canonici regolari di sant'Agostino usò un tipario con un'edicola gotica contenente la figura del Patrono seduto, circondato da quattro Canonici pure seduti. Il controsigillo, al principio del secolo XVI, portava un cuore ferito da una freccia; tale emblema si trova in seguito sul sigillo del prevosto generale della congregazione francese, accompagnato da tre gigli di Francia e sormontato dalla colomba, simbolo dello Spirito Santo; il motto dice: SUPER EMINHAT CHARITAS.

Si tratta di esemplari tardi, che meritano ricordo perché ripetono modelli antichi. I sigilli dei conventi presentano una notevole varietà di tipi. Il monastero più dotato di materiale sfragistico è quello dei Canonici Agostiniani di Novacella, in Alto Adige; la sua raccolta comprende ben 123 suggelli, degni di particolare considerazione, e può essere studiata come esempio tipico d'una collezione sfragistica completa ed organica. Negli statuti della metà del secolo XV alcuni articoli riguardano i sigilli, che il Laszloczky ha illustrato, insieme con le formule di corroborazione dei documenti del convento, formule che imitano quelle della cancelleria del principe-vescovo di Bressanone. I suggelli venivano appesi ai documenti mediante tenie membranacee all'uso nordico, o, raramente, con cordoncini di seta o di canapa. I sigilli di Novacella non si discostano dalle normali forme: ogivale e circolare; fanno eccezione quattro marchi ottagonali: due del convento e due di preposti, ma si tratta di esempi tardi e non importanti.

A Novacella si hanno fin da principio i due tipi distinti: i sigilli dei prevosti e quelli del convento. Persino il colore della cera fu diverso: per lo più il convento la usò verde; i prevosti rossa. Nei marchi conventuali, variamente configurati secondo i tempi, campeggia sempre l'immagine della Madonna col Bambino (che rappresenta il « titolo » della chiesa; santa Maria delle Grazie), ora in piedi, ora assisa in trono (vi è un solo sigillo con lo scudo araldico conventuale e senza figure, nel 1519); nel secolo XVI appare, ai piedi della Vergine, un piccolo stemma. I tipi usati dai prevosti sono diversi: dapprima le effigi dei titolari, in piedi, col capo scoperto e tonsurato e coi paramenti rituali - tunica e casula -; nel Trecento si adotta la Madonna in trono; alla base, in una nicchia, sta il prelato orante (modulo compositivo abbastanza comune, in Italia ed all'estero, per i sigilli dei monasteri, mentre qui è riservato a quelli prelatizi). In un esemplare del 1426 ai lati della Vergine stanno due angeli adoranti, in altri successivi un angelo e il prevosto, o costui con sant'Agostino accompagnato da un bimbo che tiene il cucchiaio; nella pane inferiore c'è quasi sempre l'arme conventuale con la tau (che nel secolo XVI viene talvolta inquartata con l'arme personale del prevosto), ma non ha alcun rapporto con l'ordine Antoniano, che aveva adottato la tau come propria insegna. Infine, nei sigilli minori e nei controsigilli appaiono la tau oppure altra figura araldica; lo scudo è talvolta sorretto da un angelo o da Agostino; dal secolo XVI in poi è ornato dalle insegne di dignità: la mitra, il pastorale. e qualche volta la corona e il cimiero (ad esempio il n. 84 di Novacella).

Per i caratteri stilistici codesta serie non mostra notevoli differenze rispetto ai sigilli d'altre parti d'Italia, fino al principio del Quattrocento; poi s'incomincia a notare una decisa influenza del gusto germanico. Le leggende dei tipi conventuali sono comuni salvo quella d'unl esemplare del 1251 che allude alla Madonna: CONTINET IN GREMIO CELUM [TERRAMQUE...] VIRGO DEI GENITR1X. Nei saggi di epoca posteriore si legge: S. AD GRACIAS S. MARlE IN NOVACELLA, o S. CAPITULI NOVACELLENSIS, oppure S. CONVENTUS NOVACELLENSIS. Per gli atti di giurisdizione, nei borghi soggetti al monastero, si trova nel secolo XVIII un SIGILLUM IURISDITIONIS NEUSTIFT (Novacella); probabilmente ve ne furono anche prima. Nei suggelli prelatizi la leggenda dichiara, come d'uso, il nome e la titolatura (per esempio: SIGILLUM HENRICI PREPOSITI DE NOVACELLA) , cui, dal 1248 al 1412, si aggiunge la dignità di arcidiacono della Val Pusteria (in tre casi risulta invece la qualifica di arciprete della valle). I «secreta », di norma, presentano le iniziali del nome e del titolo.

Nei sigilli maggiori dal 1419 al 1581, si nota nella iscrizione un particolare inconsueto: l'anno d'inizio della carica. I caratteri delle leggende sono capitali goticizzanti; al principio del Quattrocento si usano anche lettere minuscole gotiche che sono frequenti nei paesi nordici, ma rare negli esemplari italiani coevi; nel Cinquecento si adottano eleganti capitali quadrate, di tipo classico. Insomma il fondo di NovaceIla, che è l'unica completa raccolta conventuale superstite, permette di seguire organicamente l'evoluzione dei tipi attraverso i secoli. e rappresenta un utile sussidio non soltanto sotto l'aspetto sfragistico e storico, ma altresì artistico, in quanto che alcuni esemplari sono d'intaglio eccellente. La congregazione dei Canonici Agostiniani Lateranensi si servì nel secolo XV di un sigillo ogivale, con l'edicola architettonica a tre archi in cui appaiono la Madonna, Agostino e un altro santo; nella nicchia superiore una testa aureolata, in basso il rettore generale in ginocchio.

In un documento del 1468 si legge la formula "In huius autem gratiose concessionis nostre testimonium has litteras scribi fecimus et maioris sigilli Congregationis nostre impressione muniri" E' pure interessante un tipario ogivale con l'immagine di Giovanni Battista e con le parole CONGREGATIO LATERANENSIS, che si ritiene del secolo XV, quando i Canonici Lateranensi officiarono la Basilica di san Giovanni Laterano; era ancora in uso nel secolo XVIII. Un monastero sorto a Mortara nel secolo XI, poi aggregato ai Lateranensi e intitolato alla Santa Croce, usò nel secolo XIV un tipario ogivale, con una croce leggermente patente, accantonata da quattro stelle, alludente al titolo. Una matrice ogivale, con l'iscrizione: SIGILLUM SANCTI SPIRITUS ET SANCTE MARTE TRIPERGULIS ORDINIS S. AUGUSTINI CANONICORUM REGULARIUM presenta santa Marta a mezza figura, con un libro fra le mani; presso di lei un drago e un'asta fiorita, in alto lo Spirito Santo in forma di colomba; in basso la croce doppia, che richiama quella dell'ordine ospedaliero dello Spirito Santo.

Il S. FRATRIS ANDREE DE PLACENTIA LECTORIS ORDINIS S. AUGUSTINI, ogivale, mostra nella parte superiore il busto della Vergine col Figlio, in mezzo entro due nicchie gotiche, due santi in basso il titolare orante. Vari istituti Agostiniani sorsero in Piemonte e in Savoia, e ne rimane un certo numero di suggelli. Il primo tipario di un abate di Abondance è del 1160; appartiene al tipo-ritratto e presenta l'abate Giroldo seduto; la destra tiene il pastorale, la sinistra una crocetta (?); il secondo, impiegato tra gli anni 1268 e 1272 mostra l'abate Raimondo col pastorale e col libro; quello di Giovanni, dell'anno 1387, la Madonna in un'edicola gotica e nella nicchia inferiore il personaggio in ginocchio, fra due scudi; invece il tipario del convento reca la Vergine assisa, col Bambino. L'abbazia di Entremont adottò un marchio circolare con la Madonna e in basso lo stemma dell'abate; quella di Filli un tipo ogivale avente nella parte superiore il busto di Maria entro un'edicola, in basso il titolare in una nicchia trilobata (anno 1388); i canonici del Santo Sepolcro di Annecy un Crocifisso affiancato da due croci doppie. Dei sigilli della Congregazione dell'ospizio del San Bemarao (Montegiove) fu pure sotto la regola Agostiniana.

Nell'Italia centrale, e specialmente nel Piceno, alcuni conventi assunsero come insegna la immagine di san Nicola da Tolentino, mentre il SIGNUM PROVINCIAE S. NICOLAI MARCHIAE ANCONITANAE porta in alto la mezza figura della Madonna, nel mezzo, in due arcate, sant'Agostino e san Nicola; in basso il provinciale genuflesso. All'estero i sigilli dei Canonici Agostiniani presentano figurazioni analoghe a quelle italiane; nei più antichi il ritratto dell'abate o priore, più tardi il santo patrono, con o senza l'edicola, infine l'arme del priore o lo stemma della casa religiosa; un esemplare spagnolo reca, eccezionalmente, sei frati genuflessi che ricevono la luce dallo Spirito Santo in forma di colomba. I conventi femminili sotto la regola Agostiniana si attennero, in fatto di emblemi sigillati, ai medesimi criteri. Ad esempio il monastero delle Agostiniane di Rualis presso Cividale, dedicato a san Giorgio, aveva un tipario con la figura di quel santo e l'iscrizione: S. CONVENTUS SANCTI GEORGII CIVITATENSIS. Nella serie dei suggelli della congregazione degli Eremitani di sant'Agostino l'immagine di quest'ultimo è più frequente che in quelli dei Lateranensi e d'altre famiglie religiose. Il sigillo ogivale del priore generale degli Eremitani rappresenta, in un'edicola rinascimentale il Crocefisso; ai suoi piedi Monica ed Agostino con mitra e pastorale; alla base un frate inginocchiato. Un'analoga rappresentazione ricorre nei sigilli posteriori.

La leggenda porta un verso leonino: AUGUSTINUS LUX DOCTORUM - MALLEUS HAERETICORUM, che appare anche nel sigillo della provincia di Aragona, in cui è rappresentato soltanto il busto del patrono. La Curia generalizia usò ed usa tuttora un sigillo antico, di misura minore, circolare, con la figura del santo e l'iscrizione: AUGUSTINUS FIRMAMENTUM ECCLESIE. Si tratta di esemplari tardi, ma degni di nota perchè ripetono modelli medievali. L'immagine del santo contraddistingue i marchi del capitolo generale, tenuto nel 1287 e quelli di molti conventi. Notevole pure il S. CONVENTUS FRATRUM HEREMITARUM ORDINIS S. AUGUSTINI di Cremona, ogivale, con la consueta raffigurazione del Patrono col bastone pastorale ed il libro, insegna di Dottore della Chiesa. Qualche convento di Eremitani fece incidere nei sigilli le figure di altri protettori: san Guglielmo e santa Maddalena, per gli omonimi conventi (sul primo è anche l'insegna od emblema dell'ordine: il cuore trapassato da una freccia, insegna che campeggia da sola nei sigilli di priori e di canonici).

Il cuore trafitto contrassegna anche il sigillo dei COMITIA GEN. CREMONE CONGR. S. AUGUSTINI, 1569, ove occupa la parte superiore; nella inferiore si vedono tre paramenti sacri: pianeta, dalmatica e tunicella, simboli dei gradi della «Religio»; in un esemplare posteriore campeggia la figura del santo benedicente, su una base in cui si legge: A. MDCLXXII CREMONE; intorno al sigillo è l'iscrizione: CONGREGATIONIS CONVENTUS GENERALIS. Il priore generale nel secolo XIII usò un tipario ogivale, con due figure: il titolare a mani giunte in piedi a colloquio con un angelo pure in piedi, in alto una "mano celeste" benedicente. Il priore di Roma nel secolo XIV aveva un marchio ogivale con edicola gotica a tre piani: in alto il busto di Agostino benedicente, nel mezzo un altro santo col libro; in basso il personaggio orante. Il sigillo del priore della provincia senese presenta un'edicola con la Madonna in trono; nel campo le iniziali P. S. (Provincia Senensis), in basso il titolare genuflesso. Pure a Siena il sigillo di fra Bernardo porta nella parte superiore san Michele alato, nell'atto di uccidere il drago, e nella piccola nicchia inferiore il frate orante. Eccezionalmente si trova la scena della Crocifissione, coi due santi ai piedi, entro un'edicola gotica. nel sigillo del provinciale degli Eremitani di Verona.

Altro tipo fuor del comune appartenne al priore di Mantova: l' Agnus Dei e una santa incoronata. Nel sigillo del convento di san Maurizio nel Valle se è raffigurato quel santo a cavallo; nel tipario di Jean de Folliet, priore di Etoy, si vede in alto la Vergine col Bambino, in mezzo una nicchia con san Martino a cavallo che divide il mantello col povero, in basso il priore in preghiera. Degno di nota il sigillo del 1354 di fra Matteo da Orvieto, Agostiniano, penitenziere del Papa: sotto una nicchia gotica sta il frate seduto con la verga nella destra: un devoto é inginocchiato ai suoi piedi; il sigillo è di cera rossa su un supporto di cera vergine. I sigilli araldici, cioè con lo scudo del titolare - priore, dignitario o semplice frate - incominciano ad essere usati nel secolo XV e diventano comuni nel XVI e nel XVII; non sono mai stati rinvenuti sigilli di priori o di frati con lo stemma dell'Ordine.

Ecco, infine, il SIGILLUM PRIORISSE HEREMITARUM DE CASCIA, con la figura di san Michele alato, con lunga veste, un bambino in braccio, il drago sotto i piedi. L'ordine dei Canonici Regolari Premonstratensi, sorto in Francia per opera di san Norberto, e diffuso in tutta l'Europa, ebbe pochissimi conventi in Italia. Lo stemma dell'Ordine, che si ritiene conferito dal Re san Luigi, presenta in campo azzurro due bastoni pastorali d'oro in croce di sant'Andrea, accostati dal "seminato di gigli di Francia" pure d'oro. Quello scudo appare nei sigilli della Curia generalizia, e dal secolo XVI è sormontato da un cappello prelatizio. La soppressione napoleonica ha provocato la dispersione degli archivi dei Premonstratensi; lo storico dell'Ordine, P. Norberto Backmund, non ha trovato alcun sigillo di conventi italiani. Il tipo ogivale col ritratto dell'abate appare nel 1252 nel convento spagnolo di Bellpuig (il personaggio in piedi, in abito monastico, col bastone nella destra e un libro nella sinistra); quel medesimo convento usò pure un modello parlante, con un poggio sormontato da un giglio. Anche nei monasteri svizzeri gli abati usarono in un primo tempo il sigillo-ritratto, e più tardi altri tipi; i marchi conventuali recano santi particolari: la Vergine ad Humilimont, santa Maria Maddalena coi capelli sciolti e con un vaso fra le mani, a Lac de Joux (mentre il sigillo di quell'abate ha nella parte superiore la Maddalena, nell'inferiore la figura del titolare in piedi, col pastorale).

Nei controsigilli dei conventi elvetici si osserva sovente un braccio che tiene il pastorale, evidente allusione alla dignità. Un motivo inconsueto: il pellicano coi tre piccoli nel nido, sopra un albero, si trova nel SIGILLUM PRIORIS DE HUMULIMONTE, alla fine del secolo XIII.