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PITTORI: Girolamo Mechesi

Agostino battezza i catecumeni di Girolamo Marchesi

Agostino battezza i catecumeni

 

 

GIROLAMO MARCHESI

1471-1550

Bergamo, Accademia Carrara

 

Agostino battezza i catecumeni

 

 

 

Splendida tela con un'ampia struttura compositiva che interpreta il battesimo di sant'Agostino. I catecumeni si spogliano ed entrano nella vasca con estremo vigore. L'opera è conservata alla Accademia Carrara a Bergamo. Proviene dalla chiesa di S. Agostino a Cesena. Viene attribuita anche a Girolamo Genga.

Originariamente la pala aveva cinque pannelli di predella di cui permangono quelli che raffigurano Agostino che battezza tre catecumeni (Accademia Carrara di Bergamo) ed Agostino che dà l'abito a tre catecumeni (Columbia Museum of Art di Columbia).

Il soggetto di Agostino che battezza non è molto comune: è diffusa piuttosto la raffigurazione del suo battesimo ad opera di Ambrogio. Si tratta di una delle diverse tematiche iconografiche che sono servite a illustrare una delle attività di maggior rilievo svolte dal santo durante la sua azione pastorale.

 

1. 1. Ricevete la formula della fede che è detta Simbolo. E quando l'avete ricevuta imprimetela nel cuore e ripetetevela ogni giorno interiormente. Prima di dormire, prima di uscire, munitevi del vostro Simbolo. Nessuno scrive il Simbolo al solo scopo che sia letto, ma perché sia meditato. E perché la dimenticanza non distrugga ciò che la diligenza ha tramandato, funzioni da libro per voi la vostra memoria. Ciò che udrete sarà l'oggetto della vostra fede e quello che crederete lo ripeterete anche con la lingua. Ha detto infatti l'Apostolo: Con il cuore si crede per ottenere la giustizia e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza. Questo è il Simbolo che ripasserete e che ripeterete.

Le parole che avete sentito recitare si trovano qua e là nelle Scritture divine ma da lì sono state raccolte e riassunte in un unico testo per evitare fatica alla memoria degli uomini più lenti e perché ogni uomo possa dire, possa ritenere quello che crede. Non avete proprio appena adesso sentito che Dio è onnipotente? Ebbene voi cominciate ad averlo anche come Padre, dal momento in cui foste nati da quella Madre che è la Chiesa.

1. 2. Così dunque avete già imparato, avete meditato, avete ritenuto il concetto, siete nella situazione di poter dire: Credo in Dio Padre onnipotente. Dio è onnipotente. Essendo tale, non può morire, non può ingannarsi, non può mentire, e, come dice l'Apostolo: Non può rinnegare se stesso. Quante cose non può fare pur essendo onnipotente, anzi proprio perché non le può fare è onnipotente! Infatti se potesse morire, non sarebbe onnipotente; così se potesse mentire, ingannarsi, ingannare, agire ingiustamente, non sarebbe onnipotente; se tali possibilità ci fossero in lui, ciò non corrisponderebbe alla onnipotenza. Indubbiamente il nostro Padre onnipotente non può peccare. Può fare quel che vuole perché è la onnipotenza stessa. Fa qualunque cosa voglia di bene, di giusto; una cosa che sia male a farsi non la vuole. Nessuno resiste all'Onnipotente così da non fare quello che egli vuole.

AGOSTINO, Discorso sul Simbolo rivolto ai Catecumeni 1, 1-2

 

 

Gerolamo Marchesi

Girolamo Marchesi (Cotignola, 1471 - Roma, 1550) è un pittore italiano del rinascimento, con personalità rilevante nel panorama bolognese entro il terzo e quarto decennio del Cinquecento, connotata dalla progressiva adesione alle novità raffaellesche. Nato a Cotignola, da cui il suo soprannome di Girolamo da Cotignola, paese di origine degli Sforza, il Marchesi fu garzone di bottega degli Zaganelli, in particolare di Bernardino da cui trapelano richiami alla pittura bolognese, ferrarese e veneta e si evidenziano palesi ripetizioni di quegli eleganti schemi perugineschi tanto cari al suo maestro. È invece da Francesco che acquisisce il timbro nordico che caratterizza la sua vena anticlassica, per poi decidere di camminare da solo, maturando una sorprendente svolta stilistica sulla scia del grande Raffaello. La sua pittura passa dallo stile tardo quattrocentesco, praticato fino al limite del 1520, a quello cinquecentesco, caratterizzato dall’imitazione di Raffaello e dei suoi seguaci. Si recò a Napoli dove ebbe l'aiuto del commerciante fiorentino Cambi Tommaso. Secondo Giorgio Vasari, sposò in quella città una donna di malaffare. Per i Francescani di San Marino dipinse due pale d’altare nel 1512 e nel 1520, oggi conservate nell’omonimo museo di Stato. A Ferrara ha lasciato una Adorazione dei Magi e nella chiesa di Santa Maria in Vado un dipinto di due santi (1518). Dipinse con Biagio Pappini a San Michele in Bosco. A Rimini dipinse con Benedetto Coda e Lattanzio della Marca, ma non conosciamo il destino di questi dipinti. Lavorò anche a Forlì, San Marino, Cesena, Bologna e Pesaro.

La complessa congiuntura culturale entro la quale egli, come altri artisti della sua generazione, si trovò ad operare determina il rapido avvicendarsi nella sua produzione di una fase romagnola e un aggiornamento romano. Il passaggio a Bologna lo conduce ad approfondire le ragioni del suo classicismo attraverso l'esempio dei raffaelleschi locali, come nello Sposalizio della Vergine del 1522 conservato nella Pinacoteca di Bologna.