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PITTORI: Rupnik Marko Ivan

SS. Cirillo, Agostino e Ambrogio di Rpnik a Città Vaticano, cappella Redemptoris Mater

SS. Cirillo, Agostino e Ambrogio

 

 

RUPNIK MARCO IVAN

1997-1998

Città Vaticano, cappella Redemptoris Mater

 

I santi Cirillo, Agostino e Ambrogio

 

 

 

L'autore, un padre gesuita di origini slave, si è cimentato in un mosaico, dove ha raffigurato tre grandi santi della Chiesa delle origini, i santi Cirillo, Agostino ed Ambrogio. Il mosaico è stato realizzato per la cappella Redemptoris Mater a Città del Vaticano. Lo stile del mosaico cerca di imitare le forme, sia pure modernizzate, bizantine cercando nella semplicità e nella arcaicità dei simboli di ricostruire la profonda spiritualità che animava questi uomini cristiani delle origini.

La cappella «Redemptoris Mater» è stata inaugurata il 14 novembre 1999; i lavori erano stati avviati 1997, in seguito alla decisione del Papa di impiegare così la somma a lui consegnata dal Collegio dei cardinali in occasione del suo giubileo sacerdotale. «Sono lieto - ha detto Giovanni Paolo II - di consacrare l'altare e di inaugurare la Cappella rinnovata, nei cui mosaici rivive la ricchezza della tradizione orientale riletta con la consapevolezza di chi conosce anche quella occidentale.

Qui l'Oriente e l'Occidente, lungi dal contrapporsi tra loro, si scambiano i doni nell'intento di esprimere meglio le insondabili ricchezze di Cristo. Ringrazio quanti hanno lavorato con dedizione ed amore alla realizzazione di quest'opera, che si propone come espressione di quella teologia a due polmoni dalla quale può attingere nuova vitalità la Chiesa del terzo millennio ...». Artefice principale di questo capolavoro è padre Marko Ivan Rupnik, gesuita, che ha spiegato i motivi dei temi trattati: «È indispensabile evidenziare che questo mosaico si è fatto sullo sfondo del pontificato di Giovanni Paolo II ... La missione di questo Papa si svolge all'insegna dell'ecumenismo: in questi anni del suo pontificato, è entrata nella nostra coscienza euro-pea la sua visione di un'Europa che respira "a due polmoni "... Proprio questa espressione ci permette di dare spazio nella Cappella ad una visione teologica il cui messaggio non è artificialmente composto: quando si fa riferimento ai due polmoni, parliamo di un organismo unico che respira, dal momento che i due polmoni appartengono ad un'unica persona. Non si tratta allora di comporre a tavolino delle visioni teologiche eterogenee, ma semplicemente di vivere la realtà che tutto ciò che è di Cristo è mio, mi appartiene, perché oggi possa più pienamente conoscere Lui, viverlo e dunque rivelarlo ...

Rupnik Marko Ivan

Rupnik Marko Ivan

È ovvio che l'esistenza delle due tradizioni cristiane - l'orientale e l'occidentale - è una realtà provvidenziale, e che un loro incontro sarebbe il compimento di una terza fase della cristianità. Ma, nell'incontro, nessuna delle due tradizioni rimarrà intatta. Entrambe dovranno passare una specie di morte e resurrezione. È anzi la missione di Cristo mandato dal Padre che ci spinge a incontrarci per essere insieme in grado di comunicare al mondo l'amore del Padre. Ci spinge a incontrarci per riprendere i contenuti spirituali e teologici, esprimendoli in linguaggi più moderni. La nuova cappella dedicata alla Madre del Redentore riprende e completa idealmente il restauro e i temi della Cappella Sistina. Se la missione del Padre è comunicare il Figlio al mondo perché il mondo si scopra amato, allora noi siamo spinti da questa missione. È lo Spirito Santo a spingerci, dal momento che è il comunicatore per eccellenza, colui che incarna, che rende visibile e storico l'amore di Dio. Diventa allora una preoccupazione esistenziale che le mani tese delle donne e degli uomini di oggi non rimangano vuote.

La nostra religione non può essere un intimismo lamentoso privo di qualsiasi tensione comunicativa, ma neppure possiamo essere pietrificati e parlare al mondo senza che il mondo capisca. E il mondo capisce la lingua del sacrificio, dell'amore, del sacrificio per l'altro. Oggi ci vuole un sacrificio per il mondo, il coraggio di morire alle proprie impostazioni, alle proprie mentalità, per lasciarsi fecondare dall'altro, affinché possiamo insieme giungere ad indicare Cristo. Ma non possiamo neanche cadere nella trappola di cercare un linguaggio per piacere alle donne e agli uomini di oggi. Non è solo una questione di linguaggio. Si tratta piuttosto dell'unità organica tra il contenuto del credo e la sua espressione che è sempre nella parola e nel prodigio, cioè nei gesti, nei fatti. Si tratta di un linguaggio che allo stesso tempo è già il contenuto. È un contenuto che è sempre anche linguaggio perché è amore, perché è necessariamente testimonianza. Non va dimenticato che il paradigma della comunicazione di Dio agli uomini è il paradigma pasquale. Dunque anche per la Chiesa vale la stessa via del Maestro ... Per la comunicazione ecclesiale non regge nessuna arte della comunicazione, se essa evita la strada della morte e della resurrezione. Senza la sofferenza d'amore non è credibile nessun contenuto e nessuna espressione ...»