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PITTORI: Piero della Francesca

Sant'Agostino monaco con la cocolla nera degli agostiniani a New York, Collezione Frick

Sant'Agostino monaco con la cocolla nera degli agostiniani

 

 

PIERO DELLA FRANCESCA

1454-1469

New York, Collezione Frick

 

Sant'Agostino o santo agostiniano

 

 

 

 

L'opera è attualmente conservata a New York presso la Collezione Frick e costituiva originariamente un pannello di un altare di sant'Agostino. Il soggetto proposto non ha avuto una individuazione univoca: talora è stato identificato con l'immagine di sant'Agostino, in altri casi con la figura di un semplice monaco agostiniano.

Il nostro personaggio indossa una cocolla nera ed ha il capo con la caratteristica tonsura del monaco: in mano regge un libro rosso chiuso senza indicazione di alcun titolo. La figura dall'espressione enigmatica e poco raffrontabile con altri esempi della iconografia agostiniana lasciano il dubbio sulla reale attribuzione del soggetto. Piero della Francesca ha dipinto anche in altre occasioni raffigurazioni di Agostino: ad Arezzo e a San Sepolcro, dove dipinse nel 1470 una pala per la chiesa agostiniana di quella città che oggi si conserva a Lisbona al Museu Nacional de Arte Antiga.

Di lui Giorgio Vasari nelle sue Vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori lasciò scritto: "Attese Pietro nella sua giovenezza alle matematiche; et ancora che d'anni quindici fusse indiritto a essere pittore, non si ritrasse però mai da quelle; anzi facendo maraviglioso frutto et in quelle e nella pittura (...) alcuni suoi scritti di cose di geometria e di prospettive, nelle quali non fu inferiore a niuno de' tempi suoi, né forse che sia stato in altri tempi già mai, come ne dimostrano tutte l'opere sue piene di prospettive ..."

L'impersonalità è il dono con cui Piero ci incanta; è la sua virtù più tipica, ed egli la condivide con due soli altri artisti: l’anonimo scultore dei frontoni del Partenone, e Velazquez, che dipinse senza mai tradire neppure un’ombra di sentimento. (…) non fu impersonale soltanto nel metodo, come tutti i grandi artisti. Fu, come si dice comunemente, impassibile; cioè poco emotivo nelle sue stesse concezioni. Gli piaceva l’impersonalità, l’assenza di emozioni manifeste, come qualità delle cose. (...) Piero non si domanda mai che cosa sentano i suoi personaggi: le loro emozioni non lo riguardano.  

 

 

Piero della Francesca

Piero nacque da Benedetto de' Franceschi, ricco uomo di commercio di tessuti, e da Romana di Perino da Monterchi, nobildonna di famiglia umbra, fra il 1406 e il 1420. Probabilmente la sua formazione avvenne a Borgo San Sepolcro, cittadina che risentiva dell'influenza fiorentina, della cultura senese e degli apporti umbri. Il primo artista col quale collabora è Antonio d'Anghiari, attivo a Sansepolcro. Gli fu affidata anche, in prima istanza, la commissione per la pala della chiesa di San Francesco (poi realizzata dal Sassetta), che iniziò chiamando presso di sé il giovane Piero. Determinante, nella formazione di Piero, fu il soggiorno a Firenze forse già intorno al 1435: a settembre 1439 è citato come aiutante di Domenico Veneziano nella commissione degli affreschi, oggi perduti, per le Storie della Vergine nel coro della chiesa di Sant'Egidio. La pittura luminosa di Domenico e quella, moderna e vigorosa, di Masaccio, non furono senza conseguenze nella formazione del giovane Piero. Secondo il Vasari, lavorò con Domenico anche a Loreto nella chiesa di Santa Maria al «principio di un'opera nella volta della sagrestia; ma perché, temendo di peste, la lasciarono imperfetta», fu successivamente compiuta da Luca Signorelli. La prima sua opera che ci è conservata è la Madonna col Bambino, da far risalire agli anni 1435-1440, durante i quali era ancora collaboratore di Domenico Veneziano.

Nel 1442 Piero si stabilisce di nuovo a Borgo Sansepolcro dove nel 1445 ricevette dalla Confraternita della Misericordia la commissione del polittico per l'altare della chiesa da realizzare entro tre anni. In realtà, la stesura del polittico si protrasse, con intervento di un allievo non identificato, per più di 15 anni.

La cronologia delle sue opere è ancora molto discussa; nonostante la ricca documentazione relativa alla sua vita sociale la sua attività artistica non è altrettanto attestata.

Piero della Francesca ha realizzato tre opere matematiche in cui è presente una sintesi tra geometria euclidea, appartenente alla scuola dei dotti, e matematica abachistica, riservata ai tecnici. La prima opera è stata il Libellus de quinque corporibus regularibus, un trattato dedicato alla geometria, che ha ripreso temi antichi di tradizione platonico-pitagorica, studiati sempre con l'intento di poterli utilizzare come elementi del disegno.

Nel secondo trattato De prospectiva pingendi ha proseguito la linea di studio anticipata nel libro precedente, apportando notevoli novità al punto da poterlo definire uno dei padri del moderno disegno tecnico, preferendo alla prospettiva l'assonometria. Per quanto riguarda il titolo della terza opera, Trattato d'abaco, è stato aggiunto in epoca moderna in quanto assente nell'originale.