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PITTORI: Carlo Maratta

La Vergine Immacolata con i Quattro Dottori della Chiesa

La Vergine Immacolata con i Quattro Dottori della Chiesa

 

 

MARATTA CARLO

1684-1689

New York, Metropolitan Museum of Art

 

La Vergine Immacolata con i Quattro Dottori della Chiesa

 

 

 

Questo disegno che raffigura la Vergine Immacolata con i Quattro Dottori della Chiesa costituisce uno studio per la realizzazione dell'opera nota come Disputa sull'Immacolata Concezione

Il foglio, tracciato a penna e inchiostro marrone, gesso rosso e una traccia di pennello e lavaggio rosso, ha le dimensioni di 45,6 x 25,7 cm. Costituisce uno studio per la composizione della pala d'altare commissionata a Maratti dal cardinale Alderano Cybo (1613-1700) per la sua cappella privata nella chiesa di Santa Maria del Popolo a Roma. Completato e posto in opera nel 1686, il dipinto rappresenta la Disputa sull'Immacolata Concezione dei Quattro Dottori della Chiesa San Giovanni Evangelista, San Gregorio Magno, Sant'Agostino e San Giovanni Crisostomo.

Sopra i quattro santi, soggetto del loro discorso patristico, appare la Vergine Immacolata circondata da un coro di angeli, seduta su una luna crescente e coronata da un nimbo di stelle. Il disegno esprime un'idea preliminare per l'intera composizione, che in seguito venne modificata, dato che la figura del giovane Giovanni Evangelista era destinata a trovarsi all'estrema destra. Una copia disegnata nel 1705 dall'artista semisconosciuto Giuseppe Maccagno e incollata dal collezionista italiano settecentesco Sebastiano Resta sulla sua "Galleria portatile" (Codex Resta, Biblioteca Ambrosiana, Milano p. 232), registra un ulteriore disegno perso di Maratta su questo soggetto. Secondo la dottrina dell'Immacolata Concezione, la Vergine Maria fu concepita pura e libera dalla macchia del peccato originale nel grembo di sua madre Anna. Anche se divenne un dogma ufficiale solo nel 1854, l'idea acquisì un'accoglienza sempre più diffusa a partire dal XIII secolo ed era un soggetto popolare nell'arte del Seicento.

 

 

Carlo Maratta

Entrò nella bottega romana di Andrea Sacchi, dove restò fino al 1636. La sua cultura artistica si formò sugli esempi dei bolognesi, in particolare Giovanni Lanfranco e Guercino. Divenne il fondatore di quell'Accademia romana che impose un indirizzo classicheggiante alla cultura del secondo Settecento. Della produzione anteriore al 1650 restano un affresco in San Giovanni in Fonte a Roma, condotto su cartone del Sacchi, una pala d'altare dipinta per Taddeo Barberini e destinata a Monterotondo. La pittura del Maratta fu esaltata da Giovan Pietro Bellori che ne elogiava la grazia e la purezza di composizione. Nel periodo 1653-1655 segna un accostamento al Lanfranco, che diventa molto più evidente nel quadro con Sant'Agostino per Santa Maria dei Sette Dolori. Le grandi decorazioni per Palazzo Altieri e San Pietro in Vaticano a Roma, e per il duomo di Urbino costituiscono una novità nel campo delle decorazioni scenografiche, diverse da quelle barocche coeve. Nel 1702 fu incaricato della pulitura degli affreschi di Raffaello nelle Stanze Vaticane. Fu un grande ritrattista, attento alle raffinatezze del colore. Negli ultimi anni della vita si ritirò a vivere a Genzano di Roma, in un palazzetto rococò di cui era stato anche architetto. Il tentato ratto di Faustina, ad opera del signore di Genzano Giangiorgio Sforza Cesarini, nel 1703, lo costrinsero a lasciare la cittadina sui Colli Albani per stabilirsi definitivamente a Roma, dove morì nel 1713.