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PITTORI: Giusto de' Menabuoi

Sant'Agostino Vescovo e Dottore a Madrid, Real Biblioteca de El Escorial, Breviario Romano

Sant'Agostino Vescovo e Dottore della Chiesa

 

 

GIUSTO DE' MENABUOI

1363

Cress Study Collection University, Museum Art Athens in Georgia

 

Sant'Agostino vescovo con san Paolo Apostolo

 

 

 

Giusto de' Menabuoi ci fornisce una interessante rappresentazione di Agostino in un pannello ligneo conservato oggi al Cress Study Collection University Museum Art Athens in Georgia (USA). Sant'Agostino vi appare in coppia con san Paolo Apostolo, che regge con la mano sinistra un libro chiuso mentre con la destra impugna una spada. Le due figure sono di buona qualità cromatica. Agostino viene rappresentato secondo i canoni classici della sua iconografica: è vestito in abiti pontificali, regge con la mano destra il bastone pastorale e con la sinistra un libro chiuso. In testa porta la mitra e un nimbo, dove si legge il suo nome. Il viso è giovanile e sereno, con una grande barba nera che gli cade sul mento. Calcolatissimo è l'equilibrio ritmico, che si esprime attraverso una ampio panneggio all'interno di un grandioso impianto scenografico di stile gotico.

 

La ricostruzione della vita e dell'opera di questo artista è tuttora lacunosa. E' possibile che sia partito dalla Toscana verso l'Italia settentrionale per sfuggire alla peste del 1348. Intorno alla metà del secolo è nella Milano viscontea, in cui era ancora avvertibile l'eco del soggiorno di Giotto: Giusto ravviva questa tradizione con gli affreschi della abbazia di Viboldone, prontamente presi ad esempio dalla scuola locale. Da questo momento Giusto assume il ruolo di anello di congiunzione tra la solennità della lezione giottesca e lo spirito narrativo dell'arte lombarda e veneta. Dal 1370, grazie agli affreschi dipinti nella chiesa degli eremitani, assume la cittadinanza di Padova, dove lascia le sue opere più importanti nel Battistero e nella Cappella Belludi.

 

8. 1. Ma il beato Valerio, ormai vecchio, che più degli altri esultava e rendeva grazie a Dio per avergli concesso quello speciale beneficio, considerando quale sia l'animo umano, cominciò a temere che Agostino fosse richiesto come vescovo da qualche altra chiesa rimasta priva di pastore, e così gli fosse tolto. E ciò sarebbe già accaduto, se il vescovo, che era venuto a sapere la cosa, non lo avesse fatto trasferire in un luogo nascosto, sì che quelli che lo cercavano non riuscirono a trovarlo.

8. 2. Il santo vecchio, vieppiù timoroso e ben consapevole di essere ormai molto indebolito per le condizioni del corpo e per l'età, scrisse in modo riservato al primate di Africa, il vescovo di Cartagine: faceva presente la debolezza del corpo e il peso degli anni e chiedeva che Agostino fosse ordinato vescovo della chiesa d'Ippona, sì da essere non tanto suo successore sulla cattedra bensì vescovo insieme con lui. Di risposta ottenne ciò che desiderava e chiedeva insistentemente.

8. 3. Qualche tempo dopo, essendo venuto Megalio, vescovo di Calama e allora primate della Numidia, per visitare dietro sua richiesta la chiesa d'Ippona, Valerio, senza che alcuno se l'aspettasse, presenta la sua intenzione ai vescovi che allora si trovavano lì per caso, a tutto il clero d'Ippona ed a tutto il popolo. Tutti si rallegrarono per quanto avevano udito e a gran voce e col massimo entusiasmo chiesero che la cosa fosse messa subito in atto: invece il prete Agostino rifiutava di ricevere l'episcopato contro il costume della chiesa, mentre era ancora vivo il suo vescovo.

8. 4. Allora tutti si dettero a persuaderlo, dicendo che quel modo di procedere era d'uso comune e richiamando esempi di chiese africane e d'oltremare a lui che di tutto ciò era all'oscuro: infine, pressato e costretto, Agostino acconsentì e ricevette l'ordinazione alla dignità maggiore.

8. 5. Successivamente egli affermò a voce e scrisse che non avrebbe dovuto essere ordinato mentre era vivo il suo vescovo, perché questo era vietato dalla deliberazione di un concilio ecumenico, che egli aveva appreso soltanto dopo essere stato ordinato: perciò non volle che fosse fatto ad altri ciò che si doleva essere stato fatto a lui.

8. 6. Di conseguenza si adoperò perché da concili episcopali fosse deliberato che coloro che ordinavano dovevano far conoscere a coloro che dovevano essere ordinati o anche erano stati ordinati tutte le deliberazioni episcopali: e così fu fatto.

POSSIDIO, Vita di Agostino, 8, 1-6

 

 

Giusto de' Menabuoi

Giusto de' Menabuoi (Firenze, 1330 circa - Padova, 1390 circa) è stato attivo soprattutto a Padova. Trascorsa la giovinezza in Toscana, si è formato nella cerchia di Maso di Banco, uno dei più fedeli e interessanti pittori giotteschi. Nella sua opera si incontrarono la tradizione figurativa fiorentina e quella settentrionale. Giusto venne chiamato nel nord Italia, dove si trasferì definitivamente verso il 1370 e dove visse per circa vent'anni. La sua prima opera datata è il polittico Terzago, del 1363; ne resta solo la parte centrale, la Madonna in trono, nella quale la figura imponente della Vergine, dai colori delicati e in atteggiamento statico e solenne, ricorda immagini romaniche e bizantine. In Lombardia eseguì l'affresco del Giudizio Universale nell'Abbazia di Viboldone dove si riconosce invece chiaramente l'influenza di Giotto e della scuola toscana, soprattutto nei colori e nelle figure umane. All'inizio degli anni Settanta Giusto si trasferì a Padova, al servizio dei Carraresi (fu incluso nei registri dei cittadini nel 1375): suoi sono gli affreschi nella Chiesa degli Eremitani, nella Basilica di Sant'Antonio e nel Battistero del Duomo (1375-1376). Rispetto alle esperienze precedenti, a Padova fu colpito dalle ordinate fissità romaniche e bizantine, come testimonia il grande Paradiso nella cupola del Battistero. Nel tamburo dipinse invece Storie della Genesi, sui pennacchi i Profeti ed Evangelisti. Anche nelle Storie di Cristo e del Battista, sulle pareti, compaiono delle architetture finemente calcolate, dove il pittore inserì le sue solenni e statiche immagini.

Il suo stile, ora del tutto aperto alle suggestioni di Giotto, si espresse in composizioni vivaci dai colori tenui e trasparenti.