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renato corti: lettera pastorale 2003-2004 "un giovane diventa cristiano"

 Scultura della fede nell'arca di sant'Agostino a Pavia

La fede: arca di sant'Agostino a Pavia

 

 

 

IL PRIMATO DELLA GRAZIA

"Tardi ti ho amato"

 

 

 

QUANDO NELLA VITA TUTTO CAMBIA

Tutta la storia di Agostino è stata grazia di Dio che l'ha accompagnato da sempre, spesso non percepita, a volte rifiutata, infine bramata e accolta.

Dopo aver ricevuto il battesimo, rilegge il suo cammino di conversione e si rivolge al Signore dicendo: «Hai trafitto il mio cuore con la tua parola e io ti ho amato. Ma anche il cielo e la terra e tutto ciò che contengono mi dicono ovunque di amarti, e non smettono di dirlo ad ogni uomo». [1] La parola dalla quale Agostino è stato trafitto consiste soprattutto nell'amore che Dio gli ha svelato in Cristo, parola fatta carne: «Quanto ci hai amati, Padre buono, che non hai risparmiato il tuo figlio unigenito, ma lo hai consegnato a noi peccatori». Egli «ha fatto di noi, davanti a te, non più dei servi ma dei figli, nascendo da te e servendo noi. A ragione spero fermamente in lui, che tu guarirai tutte le mie debolezze, per mezzo di lui che siede alla tua destra e intercede per noi presso di te. Altrimenti dovrei disperare. Molte e grandi, infatti, sono le mie debolezze, davvero molte e grandi, ma più grande ancora è la tua medicina». [2]

In Cristo Agostino riconosce il vero mediatore, capace di riconciliare l'uomo con Dio. «Molte persone che si sforzavano di tornare a te, e non potevano farlo da sole [...], hanno ceduto al fascino di strane visioni, ricevendo giustamente in ricompensa delle illusioni [...]. Cercavano un mediatore che li purificasse, e che non era quello vero» [3]. Quanto al vero mediatore, Agostino afferma che Dio, nella sua segreta misericordia lo ha rivelato agli umili nell'uomo Cristo Gesù. Egli è apparso tra i peccatori per vincere la morte che aveva condiviso con loro e aprirli alla vita e alla pace, ricompensa donata a coloro che sono stati da Lui resi giusti. [4]

Quando per Agostino avviene questa scoperta di Cristo Salvatore, nella sua vita tutto cambia. È allora che, guardando al tempo passato, manifesta il suo profondo dispiacere di non aver percepito prima l'amore di Dio che avvolgeva la sua vita: «Tardi ti ho amato, bellezza così antica e così nuova, tardi ti ho amato! Mentre tu eri dentro di me, io ero fuori, e ti cercavo lì, in quel mondo di cose belle, create da te, verso le quali io, non bello, mi precipitavo. Tu eri con me, ma io non ero con te, e a tenermi lontano da te erano proprio quelle cose che neppure esisterebbero, se non esistessero in te. Hai chiamato, hai gridato e alla fine hai spezzato la mia sordità; hai brillato, abbagliato e alla fine hai sciolto la mia cecità; hai diffuso il tuo profumo, me ne sono inebriato e ora anelo a te; ti ho gustato e ora ho fame e sete di te; mi hai toccato e ora ardo dal desiderio della tua pace».[5]

Queste parole, come tutto lo scritto autobiografico intitolato Le Confessioni, hanno l'andamento di una preghiera ed esprimono l'aperto riconoscimento che, se ora vede, è perché Dio l'ha guarito dalla sua cecità; se ora sente, è perché Dio l'ha liberato dalla sua sordità. Egli è il frutto di un miracolo prefigurato in quelle pagine del Vangelo nelle quali si racconta la guarigione del cieco nato o del sordo-muto. Solo la grazia, che ha investito la sua vita giovanile, spiega come mai egli sia diventato cristiano; lo spiega solo l'amore gratuito e incondizionato di Dio e il fatto che egli ci venga incontro, prima ancora che noi lo crediamo o lo meritiamo, con la capacità di sanare le nostre ferite e di sorreggere le nostre fragilità.

È certamente anche per avere vissuto un'esperienza personale di questo genere che, più avanti, il suo insegnamento di teologo e di vescovo farà di lui, nella linea di quanto ha scritto l'apostolo Paolo nella Lettera ai Romani, l'annunciatore instancabile della grazia apparsa tra noi con l'incarnazione di Cristo nostro salvatore.

 

2. IL NECESSARIO ORIZZONTE DELL'EDUCATORE CRISTIANO

 

Nessun educatore cristiano dovrebbe dimenticare "il primato della grazia": [6] né i genitori cristiani, né gli insegnanti cristiani, né i catechisti o gli animatori dei nostri oratori e dei nostri gruppi giovanili. Dimenticare questo orizzonte sarebbe un errore fatale per noi e per i giovani ai quali ci rivolgiamo. Tenerlo presente e vivo costituisce la premessa fondamentale per tutto quello che toccherà a noi pensare, proporre, incoraggiare. Si tratta di avere una grande fede nella presenza operante di un Dio educatore del suo popolo. Data la complessità del compito e la durezza delle sfide attuali è ancora più necessario usufruire di questa risorsa che solo il credente conosce.

Ricordo quanto scrisse, anni fa, il card. Martini in una bellissima lettera pastorale dedicata al compito educativo: «Mi sento la testa piena e confusa. Ho letto, ascoltato, trascritto testi e appunti di ogni genere sul tema dell'educazione. Ho il mal di capo e non so da che parte cominciare. Ma ecco un lampo: perché mi sta a cuore comunicare qualcosa su questo tema? Perché tu, o Signore, mi hai educato, tu mi hai condotto fin qui; tu hai messo in me la gioia di educatore. Sei tu, o mio Dio, il grande educatore, mio e di tutto questo popolo. Sei tu che ci conduci per mano. "Come un'aquila che veglia la sua nidiata, che vola sopra i suoi nati", tu o Signore, "ci sollevi sulle tue ali"; ci fai "montare sulle alture della terra, ci nutri con i prodotti della campagna"; ci fai "succhiare il miele dalla rupe e olio dai ciottoli della roccia" (Dt 32,1-13)». [7]

 

Agostino lascia trasparire questa costante presenza di Dio che chiama e accompagna in un discorso nel quale rilegge la parabola di coloro che sono invitati al lavoro nelle diverse ore del giorno: «Anche nella nostra vita terrena si può osservare la verità racchiusa nella parabola. In realtà sono chiamati, per così dire, alla prima ora coloro che diventano cristiani appena usciti dal seno della loro madre; verso le nove gli adolescenti, verso mezzogiorno i giovani, verso le quindici quelli che si avvicinano alla vecchiaia, all'ultima ora i vecchi decrepiti del tutto, ma tutti sono destinati a ricevere la medesima moneta della vita eterna». [8] Dalla prima all'ultima ora della vita dell'uomo Dio è sempre presente.

Chi coltiva questo orizzonte vi trova un «messaggio di fiducia: Dio è in mezzo a noi, Dio ha educato ciascuno di noi e tutti noi. Dio continua a educare. Noi educatori siamo suoi alleati: l'opera educativa non è nostra, è sua. Noi impariamo da lui, lo seguiamo, gli facciamo fiducia ed egli ci guida e ci conduce». [9]

Davvero «la presenza dell'educatore credente è un gesto di amore, radicato su un'esperienza più grande, che avvolge e fonda quello che viene posto nell'atto educativo. Anche quando l'educatore fa fatica a fidarsi dei suoi giovani, egli si esprime in un'accoglienza incondizionata "nel nome di Dio". E così egli va alla radice, verso un'esperienza di verità più grande di quella che riusciamo a possedere con i nostri strumenti di analisi». [10]

 

 

 

[1] Conf., X, 6.8.

[2] Conf., X, 43.69.

[3] Conf., X, 42.67./p>

[4] Cfr. Conf., X, 43.68.

[5] Conf., X, 27.38.

[6] GIOVANNI PAOLO II, Lett. Ap. Novo millennio ineunte, n. 38.

[7] C.M. MARTINI, Dio educa il suo popolo, Milano 1987, n. 1.

[8] SANT'AGOSTINO, Discorso 87, 5.7; cfr. SANT'AGOSTINO, Discorsi II/2, a cura di L. Carrozzi, Roma 1969 (Nuova Biblioteca Agostiniana. Opere di sant'Agostino, 30/2), pp. 30-33.

[9] MARTINI, Dio educa il suo popolo, n. 1.

[10] R. TONELLI, Un educatore cristiano per il nostro tempo, in Incontrare un vero educatore cristiano, Novara 2003 (Diocesi di Novara - Cammino pastorale 2002-2004, fasc. 6), p. 15.