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CICLo AGOSTINIANo nel Manoscritto II di Firenze

Agostino ascolta le prediche di Ambrogio e geme con Alipio e Nebridio

Ascolta le prediche di Ambrogio con Alipio e Nebridio

 

 

DI LORENZO A.

1433

Manoscritto II della Biblioteca di Firenze

 

Agostino ascolta le prediche di Ambrogio e geme con Alipio e Nebridio

 

 

 

Su un alto ambone il vescovo Ambrogio sta predicando. Agostino è ai primi posti fra i fedeli. A destra Agostino e i suoi amici Alipio e Nebridio sono seduti: Agostino ha in mano un libro con la mano sinistra, mentre mostra il cielo con la destra. Anche il suo interlocutore dirimpetto alza l'indice al cielo. Il cenacolo agostiniano sta discutendo dopo aver meditato i sermoni di Ambrogio. I ciuffi d'erba ricordano che siamo in campagna, forse nel rus Cassiciacum.

Ambrogio nel 387 ha una cinquantina d'anni, è di famiglia patrizia originaria di Roma con ascendenze greche (l'«ambrosia», il cibo degli dei dell'Olimpo), nasce a Treviri dove il padre ricopriva un alto incarico al seguito dell'imperatore, si è formato a Roma nella casa avita fra il Monte Capitolino e l'Isola Tiberina prendendo confidenza con i classici latini e greci e il cristianesimo che fiorisce soprattutto grazie all'opera delle donne dell'aristocrazia; dopo cinque anni di esperienza nella magistratura a Sirmio, viene eletto consularis, governatore, responsabile dell'ordine pubblico per buona parte del Nord Italia con sede a Milano.

E qui, nell'autunno del 374, è sorprendentemente nominato vescovo a furor di popolo, certo per la sua pietas, ma anche per le doti morali di amministratore della giustizia, di «ponte» tra esigenze opposte, tra istituzioni e regole ereditate e novità che irrompono sulla scena e che esigono atti di governo.

L'altro, Agostino, ha vent'anni meno, è di padre pagano e madre cristiana, passa per diverse esperienze filosofiche e religiose; consapevole dei suoi mezzi intellettuali lascia l'Africa portando con sé una compagna e il figlio avuto da lei, Adeodato; cerca affermazione a Roma, è brillante, capace, affermato, tanto che il praefectus urbis gli procura un posto di insegnante a Milano con l'intenzione di contrastare la fama acquisita da Ambrogio, in nome della cultura dell'antica Roma «tradita» dal vescovo, che su quel solido ceppo ha innestato la giovane, ancora fragile pianta del cristianesimo. La conoscenza di Ambrogio da parte di Agostino ha un esito diverso dalle attese. Il secondo resta affascinato, ha un crisi intellettuale e personale che gli procura sofferenze e disturbi anche fisici, sino alla conversione e alla richiesta del battesimo.

 

Frequentavo assiduamente le sue prediche pubbliche, non però mosso dalla giusta intenzione: volevo piuttosto sincerarmi se la sua eloquenza meritava la fama di cui godeva, ovvero ne era superiore o inferiore. Stavo attento, sospeso alle sue parole, ma non m'interessavo al contenuto, anzi lo disdegnavo. La soavità della sua parola m'incantava. Era più dotta, ma meno gioviale e carezzevole di quella di Fausto quanto alla forma; quanto alla sostanza però, nessun paragone era possibile.

AGOSTINO, Confessioni 5, 13, 23

 

Agostino incominciò ad attaccare la predicazione di Ambrogio. Un giorno però Ambrogio tenne un forte discorso contro la dottrina dei manichei, portando solidi argomenti, e da allora in poi Agostino fu convinto che i manichei erano nell'errore. La dottrina di Cristo gli piaceva, ma sentiva ripugnanza a seguire la via che egli tracciava.

JACOPO da VARAGINE, Legenda Aurea