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CICLo AGOSTINIANo di Chalma

Il mistero della Trinità: Agostino incontra il bambino Gesù su una spiaggia

Il mistero della Trinità: Agostino incontra il bambino Gesù su una spiaggia

 

 

PEDRO CALDERON

1729-1730

Chalma, Chiostro del convento di Nostro Signore Gesù Cristo e San Michele

 

Il mistero della Trinità: Agostino incontra il bambino Gesù su una spiaggia

 

 

 

Come compare nella stampa di Schelte, questa scena è stata associata alla visita che Agostino, secondo una tradizione medioevale accreditata dagli eremitani agostiniani, avrebbe compiuto presso un gruppo di monaci sui monti pisani. Questa leggenda trae probabilmente la sua origine dal fatto che tra i gruppi fondatori dell'Ordine agostiniano quello degli eremiti di Toscana ebbe un ruolo importante di primo piano. Sulla destra si intravede la lunga scalinata che porta al monastero di questi monaci, mentre a sinistra si apre una larga radura per l'attracco delle navi. Vicino al faro si possono notare gli alberi di alcune navi. In primo piano Agostino è in piedi mentre sta leggendo: un fanciullo lo guarda mentre sta giocando con l'acqua e la sabbia. Secondo la tradizione alla domanda di Agostino che gli chiede cosa stava facendo, il bambino risponde che vuol mettere tutta l'acqua del mare nella buca che ha fatto sulla spiaggia. Alla osservazione di Agostino che non può ottenere ciò che vuole, il bambino risponde che neppure lui può pensare di comprendere il mistero della Trinità: l'infinità di Dio non può essere compresa nella mente limitata dell'uomo.

In alto a sinistra il pittore ha intenzionalmente raffigurato la Trinità seduta e avvolta da una grande nuvola.

 

Questa leggenda è stata studiata da L. Pillion in La Légende de s. Jérome in Gazette des Beaux-Arts del 1908. L'episodio che godrà di molta fortuna nella iconografia agostiniana riprende un testo della Lettera apocrifa a Cirillo che avrebbe scritto lo stesso Agostino. In un passo Agostino ricorda una rivelazione divina con queste parole: "Augustine, Augustine, quid quaeris ? Putasne brevi immittere vasculo mare totum ?".

Questa leggenda si troverebbe forse già nel XIII secolo, sotto forma di exemplum, in uno scritto di Cesare d'Heisterbach (cfr. H. I. Marrou, Saint Augustin et l'ange, une légende médioévale, in l'Homme devant Dieu, Mélanges offerts au P. de Lubac, II, 1964, 137-149).

Questa leggenda sulla Trinità soppiantò ben presto la leggenda della Vedova che trattava dello stesso argomento della Trinità. L'origine di questa tematica iconografica non proverrebbe dunque dalla agiografia medioevale quanto piuttosto dalla predicazione. P. Antonio Iturbe Saìz ha a sua volta proposto una possibile ricostruzione della sua origine: nel secolo XIII si scrivevano "exempla" per i predicatori e in uno di questi apparve questa leggenda applicata a un professore di scolastica di Parigi con un fine chiaramente morale: criticare la alterigia e la superbia dei teologi.

Ma come poi tutto ciò fu collegato ad Agostino ? Due possono essere le spiegazioni: primo che necessitava un protagonista alla storia stessa e Agostino era l'uomo adatto in quanto era considerato un sommo teologo. La seconda spiegazione sta nella diffusione del testo di un apocrifo in cui san Gerolamo (come è stato anticipato all'inizio) discute con Agostino sulle capacità umane di comprendere il mistero divino. In ogni caso la prima volta che si incontra questa leggenda applicata ad Agostino corre nell'anno 1263. In margine va ricordata la disputa sul luogo dove si sarebbe svolto l'incontro tra Agostino e Gesù Bambino: sulla spiaggia di Civitavecchia o di Ippona ? Gli Eremitani e i Canonici si batterono a lungo sul tema, soprattutto perché ciascuno sosteneva che Agostino era stato il vero fondatore del loro Ordine religioso.