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CICLo AGOSTINIANo a Montalcino

Agostino consegna la regola ai monaci

Agostino consegna la regola ai monaci

 

 

BARTOLO DI FREDI

1384-1388

Montalcino, chiesa di S. Agostino

 

Agostino consegna la regola ai monaci

 

 

 

Come in molte altre similari occasioni, l'artista, su commissione degli agostiniani, ha raffigurato Agostino non tanto come vescovo, ma come monaco. In mezzo ad altri monaci, anch'egli indossa il saio nero dell'Ordine. Il riferimento è esplicito: i monaci agostiniani "sentono" il vescovo di Ippona come loro fondatore e lo raccontano sia nelle espressioni iconografiche che nelle prime biografie che vengono scritte, tra cui certamente ha un grande rilievo quella di Enrico di Friemar che afferma la diretta discendenza dell'Ordine dai monaci eremiti toscani che il santo avrebbe visitato dando loro la sua regola. Sarebbe questi gli eremiti di Tuscia che con altri gruppi diedero vita al primitivo nucleo dell'ordine con la Magna Unio del 1256. Agostino siede in centro in mezzo a due gruppi di frati e apre le mani reggendo due cartigli. Quella di sinistra riporta l'incipit della regola [ANTE] O[M]NIA FRATRE[S] CARISSIMI DILI[GATUR], mentre quello di destra, oggi illeggibile, probabilmente completava la frase.

Alla base della cornice del riquadro si legge ormai solo AGUSTINO. Nel gruppo di sinistra si nota anche una suora che rappresenta il ramo femminile dell'Ordine. nel gruppo di destra sono raffigurati non solo gli eremitani ma anche i Canonici regolari che pure seguivano la regola agostiniana. Si riconoscono per la veste bianca sotto la tunica nera. L'intera scena sembra ambientata fra le colline e le aride spelonche toscane rifugio degli eremiti e dei monaci.

 

 

 

Bartolo di Fredi

Bartolo di Fredi fu un pittore italiano attivo nella seconda metà del secolo XIV (Siena 1330 ca.- San Gimignano 1410), uno dei più operosi del tempo. Ma le sue numerose opere svelano l'intrinseca debolezza del suo linguaggio artistico, ridotto a una sigla eclettica, derivata da Simone Martini, dai Lorenzetti e da Niccolò Tegliacci, di cui forse fu scolaro. Il primo documento che lo ricorda è del 1353, associato con Andrea Vanni.