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PITTORI: Sandro Botticelli

San Gerolamo del Ghirlandaio in Ognissanti a Firenze

San Gerolamo in Ognissanti a Firenze

 

 

DOMENICO GHIRLANDAIO

1480

Firenze, Chiesa di Ognissanti

 

San Gerolamo del Ghirlandaio

 

 

 

La crescente padronanza del tema pittorico si rivela nei suoi primi affreschi con la stupefacente rappresentazione di Agostino. Botticelli lo eseguì nel 1480 per la famiglia Vespucci, le cui armi sono riportate sulla travatura sopra l'immagine del santo. Il dipinto fu concepito come pendant al contemporaneo affresco di san Gerolamo del Ghirlandaio. Entrambi i dipinti si trovavano originariamente in Ognissanti, la chiesa dell'Ordine degli Umiliati, nelle cui vicinanze era situata la bottega di Botticelli. I due dipinti dovevano essere considerati una unica unità narrativa. L'affresco del Ghirlandaio si trovava originariamente su un pilastro del coro, in contrapposizione al S. Agostino del Botticelli. C'è un rapporto fra il dipinto del Ghirlandaio e quello di Botticelli: in una lettera apocrifa di S. Agostino si narra che, mentre si accingeva a scrivere una lettera a Girolamo per avere il suo parere sulla felicità dei Santi, vide una luce inondare il suo studio mentre la voce di Girolamo gli spiegava che era impossibile descrivere la gioia dei santi senza sperimentarla, come stava facendo lui, dato che stava morendo a Betlemme in quel preciso istante. Nel 1564 il coro fu demolito e gli affreschi furono spostati. In tale occasione furono aggiunte le scritte: SIC AUGUSTINUS SACRIS SE TRADIDIT UT NON MUTATUM SIBI ADHUC SENSERIT ESSE LOCUM Ossia S. Agostino era talmente assorto negli studi che non si accorse del trasloco. Per S. Girolamo fu scritto: NE TIBI QUID PICTO HIERNYME SANCTE DEESSET EST NUPER MIRUM MOTUS AB ARTE DATUS: "Perché a te, S. Girolamo, che sei qui dipinto, non manchi niente, di recente ti hanno mosso con ingegnosità".

La pittura rappresenta fedelmente l'impostazione iconografica del santo dal 1300 in poi e ricalca fedelmente una tavoletta di Jan van Eyck acquistata dai Medici ed adesso nell'Institute of Art di Detroit. Anche la minuta descrizione dei singoli oggetti riporta alla maniera fiamminga, ma Domenico la supera, non limitandosi ad un mero allineamento, ma conferendo una proritaria funzione agli strumenti di lavoro. Da un arco si scorge in scorcio una stanza con armadi a muro, alcuni dei quali chiusi da tende. Nella piccola stanza il santo sta meditazione al suo scrittoio, sul quale è riportata la data. Su due foglietti appaiono lettere greche ed ebraiche, che il santo conosceva, tanto da tradurre la Bibbia in latino. Durante il restauro del 1966, sotto le parole che elogiano il trasporto dell'affresco, fu trovata l'iscrizione originale: REDDE NOS CLAROS LAMPAS RADIOSA SINE QUA TERRA TOTA EST UMBROSA e cioè "illuminaci o luce raggiante, altrimenti tutta la terra sarebbe oscura". Si presume che il committente fosse Giorgio Antonio Vespucci, letterato, che nel 1480 prese i voti. Il sigillo di piombo, che pende da un testo scritto posato sul tavolo, può indicare il committente, come potrebbe essere una bolla papale.

Sul lato destro del dipinto che esprime Agostino, sopra l'immagine del santo è raffigurato un orologio, la cui lancetta è situata fra l'I e il XXIV, la cifra XXIV alludendo all'ora del tramonto del sole.

Il fatto che Agostino sia rappresentato in un preciso momento della giornata nella sua cella dimostra l'intenzione di narrare un fatto preciso della vita del santo. Il dato dell'ora è la chiave di lettura del dipinto. In una delle Epistole attribuite al santo e assai diffuse nel Rinascimento, Agostino racconta che un giorno, nell'ultima ora prima del tramonto, era seduto nella sua cella e meditava sulle gioie della santità. Volle prendere la penna per comunicare le sue riflessioni a Gerolamo, quando il santo gli apparve in visione e gli spiegò che era impossibile descrivere la beatitudine se non la si sperimentava di persona, com'era per lui in quel momento: era l'ora della morte di Gerolamo. Agostino con un gesto di devozione porta la mano destra al cuore e la sua fronte è corrugata per la tensione spirituale, mentre la luce dell'illuminazione lo immerge.

Sandro Filipepi detto il Botticelli, figlio di un conciatore di pelli nasce a Firenze nel 1445. Il curioso soprannome gli deriva dal fratello Giovanni, molto grosso di corporatura o forse dal termine battigello con cui nel Quattrocento si indicava il doratore. Il giovane, che il padre definisce malsano e sempre curvo sui libri, entra nel 1464 nella bottega di frà Filippo Lippi, dove resterà per tre anni. Dopo aver frequentato la bottega del Verrocchio, dove conosce Leonardo, nel 1470 apre uno studio in proprio. Botticelli è portato in arte alla mediazione letteraria, segue le lezioni di Marsilio Ficino e di Pico della Mirandola restando affascinato dal neoplatonismo. Nel 1470 si iscrive alla Compagnia degli artisti di san Luca. Al 1480 risale lo stupendo Agostino nella Chiesa di Ognissanti a Firenze, dipinto per i Vespucci, ricco di espressione, di particolari e di vita interiore, lodatissimo dal Vasari, la cui profondità ci ricorda Gozzoli a san Gimignano.

 

 

Sandro Botticelli

Botticelli crebbe con i suoi tre fratelli nel quartiere del chiostro domenicano medioevale di S. Maria Novella, non lontano dalla Chiesa di Ognissanti, per la quale avrebbe creato un giorno una delle sue opere più importanti.. Nelle vicinanze viveva la famiglia Vespucci da cui discese Amerigo che avrebbe dato nome alle Americhe. I Vespucci erano fedeli amici dei Medici e furono fra i primi sostenitori di Botticelli commissionandogli dipinti per tutta la vita e procurandogli importanti clienti fra cui i Medici stessi. Nello steso quartiere Botticelli aveva davanti agli occhi una delle più importanti opere della pittura proto rinascimentale fiorentina: l'affresco della Trinità di Masaccio con la prima applicazione della prospettiva centrale. Botticelli si dimostrò aperto agli stimoli rinascimentali di Masaccio. Forte è la influenza della filosofia nella sua arte pittorica, che saranno sostituite nella maturità, da una nuova concezione del mondo che metteva la concezione religiosa al centro della sua arte.

Nel 1470 Botticelli apre la sua bottega nella casa del padre in via Porcellana e poi si iscrive alla Compagnia degli Artisti di san Luca. Nel 1480 dipinge per incarico dei Vespucci lo splendido sant'Agostino per la chiesa di Ognissanti. Lavora a Roma e quindi a Firenze per Lorenzo il Magnifico nella sala dei Gigli di Palazzo Vecchio, a Villa Lemmi, nella chiesa di Cestello e per la strutturazione della facciata del Duomo di Firenze.

Nel 1491 Savonarola diventa priore di S. Marco. E' l'inizio di una influenza spirituale che sarà decisiva per le opere della maturità di Botticelli.