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Iconografia AGOSTINIANa nella chiesa di san Marco a Milano

Il pontefice consegna la bolla della Unione al milanese Lanfranco Settala, affresco nella chiesa agostiniana di san Marco a Milano

Il pontefice consegna la bolla Unionis al milanese Lanfranco Settala

 

 

FIAMMENGHINI

1606 circa

Chiesa di San Marco a Milano

 

Il pontefice consegna la bolla della Unione al milanese Lanfranco Settala

 

 

 

Il pontefice consegna la bolla della Unione al milanese Lanfranco Settala Papa Alessandro IV nel 1256 firmò la Bolla di Unione dell'Ordine Agostiniano: è Lanfranco Settala, primo priore generale a riceverla accompagnato da altri monaci. E' suggestivo che l'affresco sormonti il sepolcro di un omonimo Settala che visse nel Trecento. la scena si svolge all'interno di una ardita architettura e spazi volumetrici. Si tratta della prima testimonianza pittorica del Seicento in san Marco. L'affresco di Giovanni Battista e Giovanni Mauro Della Rovere detti i Fiammenghini è collocato sulla parete destra del transetto di destra e oggi è in parte distrutto per consentire il recupero dei sottostanti lacerti medioevali. L'evento celebra l'unione fra i vari rami dell'Ordine agostiniano decisa nel 1256 da papa Alessandro IV. La scena e distinta in quattro episodi: a sinistra il pontefice consegna la bolla al Settala, a destra una donna soccorre un povero, in secondo piano i monaci predicano, in alto Agostino benedice in gloria di angeli.

 

Il 16 dicembre 1243 papa Innocenzo IV promulgò la bolla Incumbit nobis con la quale invitava le comunità di eremiti della Tuscia a riunirsi per costituire un unico Ordine religioso secondo la regola di Sant'Agostino. Nel marzo del 1244, gli eremiti celebrarono un capitolo di fondazione a Roma, allorché il papa convocò per la celebrazione del capitolo generale i rappresentanti dell'Ordine degli Eremitani di S. Agostino della Tuscia (1244), appena istituitosi, e di altri quattro gruppi di eremiti: Giamboniti, Guglielmìti, eremiti di Brettino e di Monte Favale. Il capitolo si tenne nella chiesa romana di Santa Maria del Popolo e fu presieduto dal cardinale protettore Riccardo Annibaldi. Frutto del capitolo fu l'unione di questi cinque gruppi, sotto la denominazione di "Ordine degli Eremitani di S. Agostino", accomunati dalla professione della stessa Regola di S. Agostino, come norma di vita, sotto l'autorità dell'unico priore generale, eletto nello stesso capitolo ed ebbe così inizio l'Ordine di Sant'Agostino.

Radice storica comune delle Famiglie Agostiniane è stata la cosiddetta "Grande Unione", che avvenne a Roma nel marzo del 1256. L'iniziativa della Grande Unione, partì dal Papa Alessandro IV, e le decisioni capitolari, cominciando dalla stessa unione, furono approvate dal Papa Alessandro IV, con la bolla Licet Ecclesiae Catholicae, datata il 9 aprile del 1256 con la quale papa Alessandro IV confermava l'unione degli Eremiti di Giovanni Bono (regola agostiniana, 1225), degli Eremiti della Tuscia, degli Eremiti di San Guglielmo (regola benedettina), degli Eremiti di Brettino (regola agostiniana, 1228), degli Eremiti di Monte Favale (regola benedettina), e di altre congregazioni minori nell'Ordine degli Eremitani di Sant'Agostino.

Grazie a questa unione, gli agostiniani crebbero in modo significativo dal punto di vista numerico, poiché confluirono nell'Ordine più di 150 conventi. L'Ordine comprendeva ormai 180 conventi in Italia, Austria, Germania, Svizzera, Paesi Bassi, Francia, Spagna, Portogallo, Ungheria, Boemia ed Inghilterra. L'Unione del 1256 rappresentò un grande passo nella riforma della vita religiosa della Chiesa. Con essa il papa voleva porre fine alla confusione derivante dall'elevato numero di piccoli gruppi religiosi. Gli Agostiniani così entrarono a far parte degli Ordini Mendicanti insieme con i Domenicani, i Francescani e altri.

 

 

Da Balbino Rano. Coll. 278-381

ORIGINE DELL'ORDINE AGOSTINIANO

 

1. Titolo

Il titolo ordinario oggi è: Agostiniani, Ordine di s. Agostino, Frati o Fratelli Agostiniani; in latino: Ordo Fratrum Sancti Augustini (OSA). Benché sotto questa forma venisse usato, soprattutto nella forma vernacola, da molto tempo, soltanto nel 1969 se ne chiese l'approvazione della S. Sede: l'approvazione venne concessa dalla S. C. dei Religiosi il 12.2.1969. La prima sigla che si conosca è OSA, utilizzata già almeno nel 1867. Dal 1903 si cominciò a usare la sigla OESA, come sigla ufficiale, soprattutto nella curia generalizia. In ogni caso, venne sempre preferibilmente usata la formula OSA. In passato, il titolo ufficiale in latino fu Ordo Eremitarum Sancti Augustini, oppure Ordo Fratrum Eremitarum Sancti Augustini. Suoi corrispondenti in lingua vernacola erano: Eremitani di s. Agostino, Romitani di s. Agostino, Eremitani A. e A. Eremitani. Però la parola più ordinaria fu sempre A. (Augustinenses o Augustiniani), parola che nasce come propria e specifica di questo Ordine quale sinonimo di Ordo Fratrum Eremitarum Sancti Augustini. Lo stesso significato e la medesima origine hanno le espressioni Ordine agostiniano o Ordo augustinianus. Senza dubbio, l'espressione "Ordine di s. Agostino", o Ordo Sancti Augustini, viene usato oggi con un senso generalmente diverso da quello del passato. Oggi, essa indica l'istituzione rappresentata da questo Ordine. In passato, invece, soprattutto nei sec. XI-XIV, essa indicava coloro che seguivano la Regola di s. Agostino, con una certa forma di vita che accompagnava generalmente la Regola. In questo senso si usava frequentemente come sinonimo di Regula sancti Augustini e veniva contrapposta a Ordo sancti Benedicti, allo stesso modo che Ordo canonicus si contrapponeva a Ordo monasticus. Umbertus de Roman, De eruditione praedicatorum, lib. II, tract. 1, c. X (Roma 1739), p. 90; Giordano di Sassonia, Liber Vitasfratrum, I, XVIII, ed. R. Arbesmann - W. Hümpfner, Nuova York 1943, p. 59-61; C. Buròn, Agustinos, in Casiciaco 9 (1955) 87-92; Acta OSA 14 (1969) 34.

 

2. Origine e affiliazione agostiniana

Nasce nel marzo 1244, come risultato della unione di diversi gruppi cremitici decretata il 16.12.1243 da Innocenzo IV con due bolle intitolate rispettivamente Incumbit Nobis e Praesentium vobis. Le bolle erano dirette a "tutti gli eremiti di Tuscia, eccezion fatta dei Fratelli di s. Guglielmo". La bolla Praesentium vobis espone le modalità [col. 279] con cui doveva essere operata l'unione. La Incumbit Nobis è la carta di fondazione dell'Ordine. Il Papa espone i mezzi che ha ritenuto opportuno prendere a loro riguardo, dopo essersi convenientemente informato mediante una diligente relazione di Fratello Stefano e di altri tre eremiti sopra il genere di vita che essi conducevano. Egli giustifica il suo modo di fare e il suo intervento, dichiarando che gli compete di agire in questo modo a motivo del suo ufficio pastorale e delle esigenze ad esso connesse, tra cui quella di impiantare la religione o forme di vita religiosa, e di favorire quella che sia già impiantata, come pure di confermare tutti e ciascuno nel proprio santo proposito, per evitare che essi vengano meno o si intiepidiscano.

Per questo, non volendo che i suddetti eremiti "vaghino senza pastore come pecore sperdute tra le orme dei greggi", ordina che, per conformarsi tutti a un medesimo genere di vita regolare, prendano la Regola e l'ordine di vita di s. Agostino e che professino di vivere in seguito secondo tale ordine o forma di vita, col quale non dovevano essere in contraddizione le osservanze o costituzioni che essi stessi dovevano poi elaborarsi. Inoltre, dovevano provvedersi, mediante elezione canonica, di un priore generale. Se fossero sorte difficoltà, avrebbero dovuto far ricorso al card. diacono di S. Angelo, Riccardo degli Annibaldi, al quale il Papa aveva dato l'incarico di correttore e provvisore (giudice) di tutti loro. Il capitolo di fondazione dell'Ordine venne celebrato [col. 280] a Roma nel marzo del 1244, sotto la presidenza del citato card. Riccardo degli Annibaldi e con l'assistenza di due Cistercensi. L'assistenza dei Cistercensi è una prova che la riunione si celebrò sotto l'ispirazione del c. 12 del Concilio Lateranense IV, che ordinava di chiamare come esperti nel primo capitolo due abati dei Cistercensi più vicini, dato che essi possedevano una larga esperienza nella celebrazione dei capitoli. Assistettero gli abati di Fàlleri Novi e Fossanova. Era stato disposto che ogni casa di eremiti mandasse uno o due delegati. La fondazione in tal modo era fatta.

 

3. Paternità dell'iniziativa

A prima vista, potrebbe sembrare che sia stato Innocenzo IV a prendere l'iniziativa. Ma non fu così. Furono invece gli eremiti stessi, o almeno la maggioranza di essi (cfr. la bolla Cum vos del 26.3.1244), a chiedere al Papa la Regola di s. Agostino (cfr. la bolla Cum a Nobis del 28.3.1244, e la Pia desideria del 31.3.1244, come pure la Cum a Nobis del 15.2.1254) e di organizzarsi in Ordine. Il Papa tracciò la fisionomia dell'Ordine in vari documenti. La concretizzò sufficientemente nello stesso marzo 1244. Nella bolla Vota devotorum del giorno 23, indica il carattere apostolico dell'Ordine. In risposta alle aspirazioni dei Fratelli, concede loro che quelli che sono sacerdoti possano, con il permesso dei vescovi e dei parroci rispettivi, confessare tutti coloro che lo chiedano e "proporre ai popoli la parola di Dio attraverso coloro ai quali [col. 281] il Signore delle virtù aveva concesso la scienza e la grazia della predicazione". il Papa spedì nuovamente questa bolla il 22 aprile. Il carattere contemplativo restava come una nota ben determinata dell'ansia che aveva spinto i suoi membri a ricercare Dio in una certa solitudine, realizzata nell'ambito di una fraternità comunitaria. Nella bolla Cum a nobis, del 28 marzo, il Papa confermò con autorità apostolica la assoluzione che aveva impartita loro il card. Riccardo degli Annibaldi, di osservare l'ordine di vita di s. Benedetto o qualsiasi altro che avessero professato prima che il Papa avesse loro concesso di osservare, per sempre, la Regola di s. Agostino.

Il giorno 31, il Papa stabilisce che essi devono seguire sempre la Regola di s. Agostino, che ha concessa dietro loro richiesta, e che devono celebrare l'Ufficio divino secondo le "costumanze della Chiesa romana, come avevano scelto essi stessi" (cfr. Pia desideria, 31.3.1244). Negli undici anni che seguono, vengono loro indirizzate, o almeno si riferiscono a loro direttamente, ben 38 bolle che hanno qualche interesse per tutto l'Ordine o per una parte considerevole di esso. Alcune di tali bolle possiedono un valore speciale. Emerge il grande privilegio costituito dalla bolla Religiosam vitam (26.4.1244). E' sostanzialmente la bolla del medesimo titolo concessa pure ad altri Ordini religiosi. E' come una conferma dell'istituto.

Il Papa riceve sotto la protezione di s. Pietro e sua, le case del nuovo Ordine. Conferma l'osservanza o genere di vita (Ordo canonicus ... secundum ... beati Augustini Regulam) stabilito in tali case. Lo stesso fa per le proprietà presenti o future: dichiara esenti dalla decima i suoi campi e i pascoli per gli animali. Assicura loro la libertà di ammettere nell'Ordine chierici e non chierici (laici) e regolamenta la stabilità della professione. Proibisce ai vescovi e a qualsiasi altra persona di portarli in giudizio, di utilizzarne le case per riunioni di qualsiasi genere e la intromissione nella elezione e la cessazione dei priori, sempre che nel loro svolgimento non vadano contro le norme dell'Ordine. Prosegue facendo loro varie altre concessioni. Finalmente, conferma le libertà e immunità già concesse alle loro case da altri Pontefici romani. La bolla era indirizzata "ai diletti figli, il priore e i fratelli eremiti presenti e futuri, che abitano in Tuscia e professano la vita regolare". Coloro che stavano avviando fondazioni in altri territori, dovettero sentirsi esclusi. Per rimediare alla situazione, con la bolla Ut eo liberius (25.9.1245), il Papa estende a tutto l'Ordine le facoltà, le grazie e i privilegi concessi a quelli che vivevano in Tuscia. Ciò nonostante, in data 31.3.1253, vuole inviare pure una copia della Religiosam vitam "al Priore e ai Fratelli eremiti, che si trovano nelle parti oltre-montane". Con bolle omonime, Alessandro IV rinnova loro, nei giorni 25.6. e 20.7.1255, l'estensione delle facoltà, grazie e privilegi concessi da Innocenzo IV con la bolla Ut eo liberius. La stessa cosa fa il 30.7.1255 con la bolla Religiosam vitam, che il suo predecessore aveva indirizzata a quelli della Tuscia.

Il 9 dicembre dello stesso anno, la spedisce direttamente "al Priore e ai Fratelli eremiti che si trovano in Germania". In realtà, la protezione della S. Sede fu molto generosa con loro durante tutti questi anni, consentendo ad essi di superare le difficoltà che sorgevano a ogni passo. Innocenzo IV chiese e comandò, [col. 282] in data 11.5.1244, alla gerarchia ecclesiastica di aiutarli, difendendoli con le dovute censure da coloro che si fossero opposti alla esecuzione delle clausole del grande privilegio contenuto nella bolla Religiosam vitam (cfr. Pium fore). Alessandro IV ripetutamente, il 15 e il 30.7.1255, li raccomanda ad arcivescovi e vescovi, ordinando loro di non molestarli, come alcuni avevano fatto, e di rispettare i privilegi e le grazie che la S. Sede ha concesso loro, poiché "senza un clima di pace e di tranquillità, non si può rendere il culto all'Autore della pace" (Odore suavi).

 

4. La Grande Unione: 1256

Era in corso lo sviluppo dell'Ordine sotto la larga protezione della S. Sede, quando il 15.7.1255, Alessandro IV diresse congiuntamente a essi e ai Guglielmiti una bolla dal titolo Cum quaedam salubria. Ordinava loro di inviare alla presenza del Papa nel luogo e nel tempo che sarebbero stati designati dal già noto card. Riccardo, diacono di S. Angelo, che continuava a essere il "correttore e provvisore", due delegati da ogni convento, dotati di ogni potere per accettare la volontà del Papa. Questi voleva, dice la bolla, "trattare alcune cose salutari... che si riferivano a una comunione di carità e una conformità di osservanza regolare" tra tutti loro. Non per questo il Pontefice cessò dal continuare a favorire l'Ordine con l'invio di nuove bolle. Concesse altre grazie o confermò quelle passate, come se nulla fosse successo e nulla dovesse loro succedere nella trasformazione di vita fissata dal Papa. Abbiamo già indicato talune di queste bolle. Ve ne sono molte altre. Il 17.7.1255 ordina ai vescovi di pubblicare e fare osservare le scomuniche che il generale dell'Ordine lancia contro i suoi membri (cfr. Cum contingat). Lo stesso giorno concede che il p. generale, una volta eletto, cosa che avveniva ogni tre anni, possa amministrare liberamente l'Ordine, anche prima di avere chiesto e ottenuto la conferma pontificia, sempre che non si tratti di alienare beni ecclesiastici (cfr. Solet annuere). Il 22 dello stesso mese conferma taluni cambiamenti nella forma e nel colore dell'abito, determinati dal card. Riccardo (cfr. Pia desideria). E il 31 approva gli atti di un capitolo generale - approva specificamente diverse decisioni - le cui conclusioni precisano vari punti del governo dell'Ordine per il futuro (cfr. Hiis quae). Ancora il 13.8 concede loro, per evitare frodi, di non considerarsi citati da lettere della Sede Apostolica che ove si faccia menzione espressa dell'Ordine (cfr. Pacis vestrae).

 

5. Membri convocati e uniti

E' stato detto generalmente, senza sottoporre l'affermazione ad alcuna discussione, che la bolla Cum quaedam salubria convocò tutti coloro che realizzarono l'unione, coloro che vengono nominati dalle bolle di approvazione e dalle altre che a essa fanno riferimento: gli eremiti degli Ordini di s. Guglielmo e di s. Agostino, quelli di Fra Giovanni Bono, quelli di Montefavale e quelli di Brettino. Quantunque i cinque Ordini formassero effettivamente l'unione, non è possibile provare che anche i tre ultimi siano stati convocati con la bolla Cum quaedam salubria: questa era diretta "a tutti i diletti figli priori degli eremiti degli Ordini dei santi Agostino e Guglielmo". Se con "eremiti dell'Ordine di s. Agostino" si volessero intendere pure in questo caso gli eremiti di Fra Giovanni Bono e quelli di Brettino, bisognerebbe provarlo con una documentazione che per ora non si conosce. Tale denominazione [col. 283] si andava formando esclusivamente per l'Ordine sorto in Tuscia nel 1244. La bolla di approvazione dell'unione e altre varie distinguono con chiarezza tra l'Ordine degli eremiti dell'Ordine di s. Agostino e gli Ordini degli eremiti di Fra Giovanni Bono e di Brettino, che possedevano anch'essi la Regola di s. Agostino. Non vi sono motivi per respingere la possibilità che gli ultimi tre Ordini indicati venissero inclusi e convocati in un secondo tempo, come effetto di una decisione posteriore. In tal caso, la prima idea sarebbe stata di unire semplicemente gli eremiti degli Ordini di s. Agostino e di s. Guglielmo; in tal modo, la S. Sede sarebbe ritornata sulla propria decisione, per includere in un solo Ordine, formato principalmente da elementi della Tuscia, gli eremiti dell'Ordine di s. Guglielmo, gli unici eremiti di Tuscia espressamente esclusi dall'unione del 1244. Si sa anche che furono uniti altri Ordini, più piccoli, dei quali non viene dato il nome né nella bolla Licet Ecclesiae catholicae, né nel documento con il quale il card. Riccardo degli Annibaldi determina, il 25.5.1256, l'unione della provincia di Lombardia dei Poveri Cattolici all'Ordine agostiniano, dove si parla espressamente di questi Ordini. I delegati di ogni casa si riunirono a Roma sotto la direzione del card. Riccardo, che assunse la presidenza in nome del Papa.

Si trattò di un capitolo celebre, secondo la stessa espressione del Pontefice. La riunione ebbe luogo nella casa di S. Maria del Popolo, [col. 284] che era passata agli eremiti dell'Ordine di s. Agostino circa sei anni prima, quando l'avevano lasciata i Francescani. Non conosciamo con esattezza la data di una riunione tanto memorabile. Si ritiene come quasi certa quella del marzo 1256. In ogni caso fu senza dubbio prima del 9 aprile, data della bolla pontificia di approvazione. Pare pure posteriore ai giorni 22-25 febbraio, date nelle quali il Papa, senza fare alcuna allusione all'unione - allusione che farà invece il 24 giugno in una bolla del medesimo tenore (cfr. Recordamur liquido) -, comanda ai vescovi italiani di far osservare agli eremiti di Brettino quanto aveva ordinato circa il loro abito Innocenzo IV, affinchè si distinguessero dai Francescani: tale determinazione non si accorda con quanto ordinò il Papa nella bolla di approvazione dell'unione (cfr. Recordamur liquido e Cum venerabilibus).