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PITTORI: Vittore Carpaccio

S. Agostino vede in sogno san Gerolamo di Vittore Carpaccio

La visione di Sant'Agostino

 

 

VITTORE CARPACCIO

1502

Venezia, Scuola di San Giorgio degli Schiavoni

 

 

La visione di Sant'Agostino

 

 

 

L'opera risale al 1502. L'immagine evoca il momento secondo cui, in base a un testo agiografico del 1485, san Gerolamo, sotto forma di luce abbagliante, appare ad Agostino, predicendogli la morte prossima e l'ascesa al cielo. Qui l'intensa luce naturale-soprannaturale della finestra vitalizza la spirituale quiete dell'interno, dove Agostino sembra sospeso in ascolto, e dove ogni oggetto acquista un potere di mediazione fra reale e trascendente, o se si vuole, fra cultura umanistica e cultura religiosa. Ciascun oggetto, l'astrolabio, un libro aperto, un candelabro, le ampolle per la messa, un bronzetto, assume una vita particolare, a seconda della sua posizione di fronte alla luce. Carpaccio ha impostato tutto il dipinto in funzione dell'impalpabile pulviscolo che filtra dalle finestre collocate sulla destra e investe dolcemente tutta la stanza.

Non solo Agostino, ma anche il peloso cagnolino e tutti gli oggetti dello studio sembrano rapiti dal miracolo della luce e come sospesi in un attimo di intensissimo misticismo. Eppure, e qui sta il fascino del dipinto, si tratta in fondo della luce naturale di ogni giorni, docile e penetrante, che scalda e scandaglia tutti gli strumenti della scienza e della cultura che Agostino ha intorno a sé, fino a comporre l'immagine estremamente vivida e realistica dello studiolo di un umanista. Il soggetto era apparso già in Giovanni di Paolo e a san Gimignano nel ciclo di Benozzo Gozzoli. La sua lezione verrà seguita in modo originale dall'allievo Giovanni Mansueti. Lo stesso tema sarà ripreso da Bruno Chersicla in epoca più recente.

 

La leggenda viene riferita da Petrus Calo Clugiensis (il frate predicatore domenicano Petrus Calo de Clugia ossia da Chioggia) nel 1348 (Acta Sanctorum, settembre, VII, 423) e ripresa da Ludovicus de Angelis nel suo Libri VI de vita et laudibus S. Patris Aurelii Augustini Hipponensis episcopi et Ecclesiae doctoris eximii, pubblicato a Conimbricae nel 1612.

Questo episodio si riferisce al contenuto di una lettera apocrifa in cui Agostino assicura di avere visto in sogno Gerolamo e san Giovanni Battista. Quest'ultimo gli spiega che la sua terza corona è quella del martirio:

"Cogitas Augustine quid laudis debeas de Hieronymo in veritate proferre ... Sertum vero tertium, quod plus illo fero, aureola martyrii est ... Serta vero duo alia, quae habemus, aureolae sunt quae solum virginibus et doctoribus dantur, ut ab aliis discernantur." Il testo prosegue cercando di introdurre il senso della beatitudine celeste e riporta ancora: "Avide cogitans, qualis inesset animabus beatorum, qui cum Christo gaudent, gloriae et laetitiam quantitatis ... ut brevem scriberem epistolam sanctissimo Hieronymo destinandam, ut quidquid ex hoc sentiret, responderet ... cumque iam scribens salutatio-nis exordium Hieronymo praenotarem, ineffabile subito lumen nostris invisum temporibus nostrisque minime linguis declarandum cum ineffabili inauditaque odorum omnium fragrantia, cellulam, in qua stabam, intravit, hora iam completorii. Quo a me viso, stupore admirationeque commotus, animi et membrorum virtutes repente amisi. Nesciebam enim tunc quod dextera mirabilis Dei exaltasset servum suum, notas faciens in populis vitutes suas; nesciebam etenim quod Deus antiquae miserationis servuum suum fidelem a carnis immunditiis dissolvisset et tam sublimen ei in caelo sedem parasset ... Inter haec autem meis in me perstrepentibus cogitationibus quid hoc esset, de luce haec dicens verba vox emicuit: Augustine, Augustine, quid quaeris ? Putasne brevi immittere vasculo mare totum ?"

PSEUDO AGOSTINO, Epistola ad Cyrillum Ierosolymitanum episcopum 33, 1126