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sant'Agostino: la vita

Agostino nel Dittico di Boezio (metà VII sec.) al Museo di Arte Cristiana di Brescia

Agostino nel Dittico di Boezio (metà VII sec.)

 

 

AGOSTINO D'IPPONA

 

 

 

L'opera di Agostino ha un valore irrinunciabile non solo per il cristianesimo, di cui fu interprete acuto, tanto che a lui si ispirarono le correnti ortodosse della teologia cattolica, ma anche per i movimenti di pensiero innovatori e riformatori della dottrina cristiana.

Agostino condusse tre grandi polemiche dottrinali: contro il manicheismo, contro i donatisti e contro i pelagiani. Di queste solo quella contro il donatismo ha pregnanza essenzialmente religiosa e teologica: negli altri due casi affronta piuttosto problemi filosofici di alto spessore quali la libertà e il male. Contro i Donatisti egli affermò che i Sacramenti sono validi indipendentemente dalla persona che li amministra, poiché è direttamente Cristo che opera attraverso di essa. Per di più esplicita nei suoi discorsi che la Chiesa non è un insieme di persone perfette, ma una comunità dove vivono i fedeli a cui Cristo ha donato il bene della redenzione.

Contro pelagiani e manichei tratta argomenti filosofici con una disciplina razionale rigorosa. Tanto più che non ammette conflitti fra fede e ragione: per Agostino la fede non è un limite oltre cui la ragione deve fermarsi. La fede anzi è uno stimolo e una guida indispensabile della ricerca razionale e scientifica. Questa ricerca ha dunque i propri fondamenti in se stessa, nell'interiorità spirituale della propria anima.

L'affermazione del De Vera Religione: "Non uscire da te, ritorna in te stesso, nell'interno dell'uomo abita la verità" esprime l'essenza della filosofia agostiniana.

A queste parole segue tuttavia "e se troverai mutevole la tua natura, trascendi anche te stesso."

Qui troviamo  in modo chiaro il principio di trascendenza  della sua filosofia: Dio, come verità, è la Luce che fa apparire all'uomo le cose così come sono. La ragione prevale delle cose di cui giudica, mentre la legge, secondo cui giudica la ragione, è superiore alla ragione stessa.

 

Teologia e antropologia

L'Essere e la Verità sono le prime due persone della divina Trinità e quanto alla terza persona essa Agostino la definisce come Amore. Egli identifica pertanto l'amore verso il prossimo con l'amore di Dio e sostiene che l'amore fraterno fra gli uomini «non solo deriva da Dio, ma è Dio stesso» (De Trinitate VIII, 12).

La possibilità di cercare Dio e di amarlo è connaturata alla stessa natura dell'uomo, il che significa che la costituzione dell'uomo si conforma alla Trinità divina e che essa conferisce all'uomo la possibilità di riconoscere e cercare Dio. L'uomo, nella concezione agostiniana, è costituito dalla memoria, dall'intelligenza e dalla volontà che corrispondono alle tre persone della trinità (De Trinitate X, 18).

Queste tre facoltà costituiscono una unità inseparabile. La visione dell'uomo e della sua storia nel mondo che Agostino ha ripetutamente ribadito nelle sue opere si ispira a quel dualismo tra uomo vecchio o carnale e uomo nuovo o spirituale che è uno dei tratti fondamentali del cristianesimo di san Paolo (cfr. I Cor. 15, 45 e segg.).

Nella interpretazione agostiniana questo dualismo pone a ogni singolo uomo, e alla storia umana nel suo complesso, una alternativa cruciale: quella cioè di vivere secondo la carne e cadere nella menzogna e nel peccato o vivere secondo lo spirito, rinsaldando il proprio rapporto con Dio e preparandosi a partecipare alla sua stessa eternità (De civitate Dei XIV, I, 4).

Ma la prima alternativa non è che un'espressione del peccato adamitico e espressione dell'attaccamento all'apparenza e all'errore. Essa quindi non è una scelta positiva, ma una rinunzia; e come tale costituisce il peccato. Il peccato altro non è che la rinuncia a tutto ciò che è sommo per adattarsi a ciò che è inferiore. Voler trovare le motivazioni di tale defezione è come voler vedere le tenebre o udire il silenzio: "esse non si possono conoscere che ignorandole, mentre conoscendole si ignorano" (De civitate Dei XII, 7).

 

Il problema del male

Questo concetto del peccato si connette con un caposaldo della filosofia agostiniana, cioè con la dottrina che l'essere è il bene e che il male non esiste. In sintesi questa era la vecchia dottrina degli stoici e dei neopitagorici, ma Agostino ha un senso assai più drammatico del problema del male. Per lui il male è incompatibile con l'onnipotenza e la bontà di Dio: e questo è il punto che Agostino difende nella sua polemica contro i manichei che attribuivano il male a un principio del mondo altrettanto potente del principio del bene ed in infinita lotta con esso. Per Agostino, poiché Dio è l'Essere, tutto ciò che è e discende da lui è bene, pertanto tutto l'essere è bene e il male non esiste. Ciò significa che tutte le cose che esistono, in quanto esistono, sono buone e che sono considerate cattive soltanto per qualche contraddizione in cui entrano tra loro. Le sofferenze, le malattie e i dolori delle creature derivano dalla limitazione del loro essere, dal fatto cioè che il loro essere non è perfetto o totale: non sono quindi realtà positive ma privazioni o deficienze di bene. E quanto al peccato, che veramente per l'uomo è l'unico male, neppure esso ha realtà positiva: giacché non è volontà ma piuttosto deficienza o debolezza della volontà che si attacca alle cose inferiori e non ha la forza di sollevarsi alle superiori. 

 

Grazia e libero arbitrio

Questo punto è sembrato controverso e qualche commentatore ha creduto di attribuire a Dio la causa del peccato cioè della deficienza umana così come attribuisce all'allontanamento dell'anima la causa della morte. Ma in realtà Agostino attribuisce a Dio solo l'iniziativa umana che ha per oggetto il bene: cioè la positiva e autentica libertà umana. Questo è il cuore delle argomentazioni che egli difende nella sua lunga polemica contro il pelagianesimo, dottrina che conduceva a ritenere non indispensabile l'opera di Cristo e l'azione della Chiesa. Di fronte a conseguenze così rovinose per i principi stessi del cristianesimo e per la funzione della chiesa, Agostino sostiene le tesi opposte a quelle del pelagianesimo. Per Agostino Dio ha creato l'intero genere umano come unico uomo: con Adamo e in Adamo ha peccato perciò tutta l'umanità e la salvezza dell'uomo è così dovuta interamente all'iniziativa divina, cioè alla Grazia. Non si può neppure parlare, come facevano i semipelagiani, di una cooperazione dell'uomo con Dio ai fini della salvezza dell'uomo poiché l'uomo non è sullo stesso piano di Dio. Solo Dio è la causa, l'unica vera causa della sua salvezza. Questa è dovuta pertanto alla scelta imperscrutabile di Dio cioè a un atto di "predestinazione" dal quale alcuni uomini sono «eletti» alla salvezza, mentre gli esclusi sono abbandonati alla perdizione. Ma l'intento fondamentale della filosofia agostiniana su questo punto non è quello di negare la libertà umana ma di identificarla con l'iniziativa divina. Il primo libero arbitrio, quello che fu dato ad Adamo, consisteva nel poter non peccare; perduta questa libertà per la colpa originaria, la libertà finale, quella che Dio darà come premio, consisterà nel non poter peccare.

 

Creazione e tempo

In realtà la dottrina agostiniana della libertà è un corollario del principio che Dio è l'essere e che tutto ciò che è (quindi anche la libertà come volontà positiva del bene) deriva da Dio. Un altro corollario di questa dottrina è il concetto della creazione e del tempo. Il Logos o Verbo, cioè il Figlio di Dio, ha in sé le idee, cioè le forme o le ragioni immutabili delle cose, che sono eterne com'è eterno egli stesso; e in conformità di tali forme o ragioni sono costituite le cose che nascono e muoiono. Ma le cose nascono e muoiono perché sono nel tempo: Dio quindi ha creato con le cose anche il tempo che tuttavia non s'identifica per Agostino con il mutamento stesso delle cose. Il tempo include la misura del tempo che avviene nell'anima: il passato non è più, ma c'è la memoria che è il presente del passato; il futuro non è ancora ma c'è l'attesa che è il presente del futuro; il presente trapassa continuamente nel passato ma c'è l'attenzione che è il presente del presente. Agostino ha così, per la prima volta, affermata la soggettività del tempo. 

 

La Città di Dio

La soggettività del tempo non implica, per Agostino, la soggettività della storia: giacché il protagonista della storia non è l'uomo ma Dio o meglio Dio attraverso l'uomo. La storia è difatti, per Agostino, la storia della «Città di Dio», cioè della progressiva vittoria dello spirito sulla carne, sino al trionfo finale. Essa tuttavia non è priva di eventi drammatici perché è dominata dalla stessa alternativa che domina la vita dell'uomo singolo: vivere secondo la carne o vivere secondo lo spirito. Nella storia queste due alternative si oppongono nella lotta tra la «città terrena» o città del diavolo, che è la società degli empi e la «città celeste» o città di Dio che è la comunità dei giusti. I campi rispettivi delle due città non sono mai nettamente separati. Nessun periodo della storia, nessuna istituzione è dominata esclusivamente dall'una o dall'altra delle due città: esse sono mescolate insieme sin dall'inizio della storia umana e lo saranno fino alla fine dei tempi. Babilonia e Roma da un lato, Gerusalemme dall'altro, sono i simboli delle due città, che solo alla fine della storia saranno separate col trionfo della città celeste. La Città di Dio di Agostino è la prima grande concezione teologica della storia che si sia affacciata nel pensiero occidentale e sulla quale si sono poi modellate le altre, compresa quella di Hegel. L'opera agostiniana contiene anche una summa di tutta la cultura pagana e una critica di essa dal punto di vista cristiano.

 

[Nicola Abbagnano]