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LA VITA DI SANT'AGOSTINO: traslazione delle spoglie di Agostino

Traslazione del corpo di Agostino: immagini dalla Historia Augustini

Traslazione del corpo di Agostino

 

 

TRASLAZIONE DELLE SPOGLIE DI AGOSTINO

del Canonivo Cav. Giovanni Spano

 

in Bullettino archeologico sardo n. 2 anno IV febbraio 1858, pag. 23

 

 

 

 

Allorquando Trasamondo, re dei Vandali (a. 504). mandava in esilio in Sardegna i vescovi africani, che rimasti incrollabili nella fede di Cristo, aveano ricusato di piegar la fronte alle dottrine d'Ario, tra questi illustri esuli annoveravansi l'insigne vescovo di Ruspa S. Fulgenzio, ed il vescovo d'Ippona. Quest' ultimo condusse seco a Cagliari il sagro corpo di S. Agostino, che tolto avea dal suo santuario, onde salvarlo dalle vandaliche profanazioni. Non v'ha dubbio che la Sardegna essendo allora dominata dagli stessi Vandali, il vescovo d'Ippona abbia studiato il modo di tenere occulte in Cagliari quelle sagre spoglie, onde ivi non soffrissero quelle profanazioni che aveva inteso cansare, togliendole dal santuario africanoo. È perciò che torna naturale il credere che lo stesso sagro corpo siasi offerto alla venerazione dei pietosi cagliaritani, dopo che, colla caduta della signoria vandalica, tornò la pace alla chiesa sarda sotto quella degl'imperatori bizantini. La tradizione non mai interrotta della chiesa istessa ci chiariva infallamente che il corpo rlel Santo veniva depositato nel sito stesso che poco anzi abbiamo mentovato, e che alla chiesa sovrapposta stava unito un monastero, i di cui membri tenevano in custodia quelle reliquie. Ciò trae conferma dal palinsesto (mentovato in questo stesso bullettino, anno primo, pag. 106) il quale, nei caratteri sottoposti, presenta un brano di cronaca, scritta dodici anni dopo detta prima invasione di Cagliari fatta dagli Arabi nei primi lustri del secolo ottavo. Ricaviamo infatti dalla medesima che la chiesa ove stava il sagro deposito era prossima alla riva del mare, e che il monastero vi andava congiunto.

Ad un tempo questo palinsesto ci dà altri preziosi particolari sovra i fatti che accompagnarono il riscatto del corpo del santo vescovo, operato dai legati di Liutprando, re dei Longobardi. Non sì tosto per l'orbe cristiano si sparse la memoria della profanazione delle cose sacre in Sardegna e specialmente in Cagliari, che cadde finalmente sotto la spada degli Arabi nell'anno 720 circa, il mentovato Liutprando inviò a Cagliari dei legati acciocchè riscattassero dagli Arabi le sagre spoglie di Sant'Agostino e le conducessero in Pavia, sede del suo regno. Regnava allora in Sardegna il re Gialeto, e tanto per lui quanto pei pietosi cagliaritani ed i religiosi del monastero che custodivano le venerate ossa, fu un giorno di lutto immenso quello dell'arrivo dei legati. Gialeto, per conservare quelle reliquie sul patrio suolo, ne ordinava il rapimento: ma invano. Appena si poterono salvare le vestimenta del Santo per opera d'un Analogeo, che insieme con certi Giono, e Laderto (ai quali due ne tornò male) avevano tentato quel pio rapimento. La stessa cronaca ci narra che fra gli Arabi ed i legati intervenne questo patteggiare sul prezzo del riscatto. Non contenti gl'infedeli alla prima offerta, vi aggiunsero i legali altre due libre d'oro ed otto d'argento: e come questa non bastarono a saziare la ingordigia dei primi, i legati furono costretti di aggiungere all'offerta altre tre libre d'oro e dodici d'argento. Rogatosene l'atto di vendita, rimunerato dai legati il lavoro di chi lo scrisse, ed assuntosi anche dagli arabi venditori l'obbligo di consegnare ancora entro due mesi le vesti del Santo dottore, i legati sovra i loro omeri condussero alle navi la venerata urna, e sciolsero tosto le vele per l'Italia.

Ciò avvenne fra mezzo alla straordinaria commozione dei Cagliaritani e sopratutto dei monaci che si atteggiarono a resistenza per impedire la perdita delle sante reliquie. Se non che gli Arabi colla potenza delle armi schiacciarono i tumultuanti: sette monaci perirono nel conflitto; molti nobili cittadini furono incarcerati; gran numero d'altri Cagliaritani si salvarono colla fuga, ed andarono a ripararsi nelle spelonche dove giorno e notte durarono nel pianto sulle patrie sventure. Unico conforto ebbero nella salvezza delle rapite vesti, che con molti altri oggetti sacri furono custodite nella spelonca di San Giovenale, vescovo cagliaritano (1).

Rimane ora a vedere l'epoca precisa del riscatto. Anche questo punto di storia, col conforto degli altri documenti già mentovati in questo bullettino nel luogo citato, è oramai tolto dalle antiche dubbiezze. Sappiamo che la morte del re Gialeto segui nel 722, e poco dopo che il dolore, per l'invasione degli Arabi, e sopratutto per la vendita di quelle venerande reliquie, avea dato l'estremo crollo al suo colpo sommamente affranto dalle pene e dalle fatiche per la difesa della patria. Ciò posto, bene si appose il Muratori quando, seguendo Ermanno Contratto, credette che il 722 fosse l'epoca precisa in cui si effettuava il riscatto del corpo del santo dottore della chiesa. Per maggiore dilucidazione dell'argomento è forza anche di notare che la struttura della chiesa e sacristia lascia credere che siano opere del sec. XI , o XII. E se lecito è il congetturare nelle tenebre di quell'età, crediamo che sia probabile opinione, che dopo le distruzioni operate dagli Arabi, e specialmente quelle di Musato nelle sue invasioni ripetute più volte nella prima metà del secolo XI, essendosi proceduto, come apprendiamo da alcuni monumenti della stessa età, alla restaurazione dei sacri templi, anche allora siasi pensato a dare migliori e nuove forme a quello ove si venerava il loco che una volta aveva accolto le spoglie di Sant'Agostino. Ma di questo tempio, dietro ai fatti sopramentovati dei tempi di Filippo II, solo si rnantenne quella parte che corrispondeva al sito consacrato un tempo alla custodia delle sante OSSA. Crediamo che l'esserci troppo diffusi in questa materia non verrà a noja di qualunque abbia tenerezza delle patrie cose, e sovratutto ponga mente alla dilucidazione che ne nasce non solo per i fasti della sarda chiesa, ma anche per quelli che ragguardano all'intiero orbe cattolico, che tanto si onora del grande vescovo di lppona.

 

 

(1) Questa memoria viene in appoggio della tradizione che appartengano alle vestimenta del corpo di S. Agostino, alcune reliquie d'abiti pontificali, che i minori conventuali di Cagliari serbano nel muro dell'altare maggiore della loro chiesa, e tanto più hanno in venerazione, in quanto che da tempi vetustissimi furono, sempre riputate come avanzi delle vesti del Santo tolte dalla cassa, prima che i Saraceni ne vendessero il corpo.