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CICLo AGOSTINIANo del Chiostro dei Morti a firenze

Agostino e il Bambino sulla spiaggia

Agostino e il Bambino sulla spiaggia

 

 

PIER MARIA BALDI

1630-1686

Chiostro dei Morti del Convento di S. Spirito a Firenze

 

Agostino e il Bambino sulla spiaggia

 

 

 

"Nella Ventisettesima effigiata dal Sudetto Ulivelli si vede S. Agostino in atto di contemplare l'alto mistero della Santissima Trinità alla Spiaggia del mare, dove gl'appare un fanciullo, che con conchiglia in mano pretendeva di porre l'istesso mare in una piccola buca da esso fatta in terra, ed essendoli detto dal Santo, che si metteva a fare un impossibile, ebbe per risposta dal Medesimo fanciullo esser anco per lui impossibile intendere l'alto mistero della Santissima Trinità, e così parlando disparve."

La scritta in pedice riporta DUM NON UNDA CAPIT PARVA TELLURIS IN URNA AUGUSTINUS TRIADEM NON CAPIENDUM CAPIT. La scena è nota con vari titoli fra cui il Sogno di S. Agostino o anche la Visione di S. Agostino, che esprime allegoricamente la disperata quanto inutile ricerca di Agostino di comprendere il mistero della Trinità. In realtà il frescante in questa occasione narra, secondo una leggenda popolare medioevale, l'episodio in cui Agostino, mentre meditava sulla Trinità lungo la riva del mare, si imbatte in un bimbo che cercava invano di riempire con acqua un buco scavato nella sabbia servendosi di una conchiglia. Il Santo gli fece notare l'inutilità del suo gesto e il fanciullo ribatte: "non più che per l'umana intelligenza cercare di penetrare il mistero che stai meditando".

Agostino realizza che era irragionevole il suo sforzo di comprendere con la ragione la natura trinitaria di Dio e che questa doveva essere semplicemente accettata come dogma. La scena si svolge in riva al mare e rappresenta al centro S. Agostino di profilo con la tunica nera degli agostiniani e il fanciullo con un panneggio azzurro seduto a terra che versa l'acqua con la conchiglia (personificazione di Cristo), entrambi sovrastati, sulla destra, da due figure quasi illeggibili. Forse la scena più a sinistra rappresenta la Vergine, perché realizzata con veste rossa e manto azzurro, mentre il personaggio di destra, in veste rossa, è san Giovanni Evangelista.

Sullo sfondo un paesaggio marino con un piccolo porto, alcune barche e una piccola acropoli sulla sinistra. I colori, dalle tonalità pastello molto chiare, quasi a ricordare un sogno, conferiscono alla scena un'atmosfera vaporosa, inconsistente, che contrasta con la tunica nera del Santo. Non è stato sinora possibile avanzare alcuna attribuzione data la scarsa leggibilità della rappresentazione, dovuta al pessimo stato di conservazione, anche se parte della critica più recente rimanda comunque allo stesso autore de "Il battesimo di S. Agostino", cioè Pier Maria Baldi.

Questa leggenda è stata studiata da L. Pillion in La Légende de s. Jérome in Gazette des Beaux-Arts del 1908. L'episodio che godrà di molta fortuna nella iconografia agostiniana riprende un testo della Lettera apocrifa a Cirillo che avrebbe scritto lo stesso Agostino. In un passo Agostino ricorda una rivelazione divina con queste parole: "Augustine, Augustine, quid quaeris ? Putasne brevi immittere vasculo mare totum ?".

Questa leggenda si troverebbe forse già nel XIII secolo, sotto forma di exemplum, in uno scritto di Cesare d'Heisterbach (cfr. H. I. Marrou, Saint Augustin et l'ange, une légende médioévale, in l'Homme devant Dieu, Mélanges offerts au P. de Lubac, II, 1964, 137-149).

Questa leggenda sulla Trinità soppiantò ben presto la leggenda della Vedova che trattava dello stesso argomento della Trinità. L'origine di questa tematica iconografica non proverrebbe dunque dalla agiografia medioevale quanto piuttosto dalla predicazione. P. Antonio Iturbe Saìz ha a sua volta proposto una possibile ricostruzione della sua origine: nel secolo XIII si scrivevano "exempla" per i predicatori e in uno di questi apparve questa leggenda applicata a un professore di scolastica di Parigi con un fine chiaramente morale: criticare la alterigia e la superbia dei teologi.

 

 

Pier Maria Baldi

Si hanno di lui poche notizie, benché il suo nome si trovi citato in parecchie fonti, in relazione alle pochissime opere che di lui si conoscono e che tuttora esistono. Si tratta di un pittore di non eccelsa qualità, nella cui arte è possibile rilevare, accenti derivanti dal Volterrano. In due lettere di Ferdinando II de' Medici del 21ott. 1667 (cfr. A. M. Crinò), a P. Berrettini e a G. L. Bernini, il Baldi è caldamente raccomandato ai due autorevoli personaggi affinché essi lo assistano negli studi di disegno e di pittura ch'egli va a compiere a Roma. Nella lettera al Bernini il granduca definisce il Baldi "uj giovane fiorentino ... assai ben avanzato nel disegno e nel colorito". Negli anni 1668-1669 entrato al servizio di Cosimo de' Medici (poi Cosimo III), accompagna il principe in un viaggio in Spagna, Francia e Portogallo, che egli illustra in una nutrita serie di disegni (in due volumi alla Biblioteca Mediceo-Laurenziana), indubbiamente la cosa più brillante e piacevole fra tutte le sue opere pervenuteci.

Rimane a lungo al servizio di Cosimo: nel 1680 è il "sovrastante" alle fabbriche granducali in Pisa e Livorno. Morì a Firenze in data ignota. Di Baldi pittore restano oggi una pala sull'altar maggiore della soppressa chiesa di S. Domenico al Maglio in Firenze, con la Vergine del Rosario e san Domenico (circa 1684), e un affresco col Battesimo di sant'Agostino nel primo chiostro di S. Spirito che qui riportiamo. Perduto invece il ritratto ch'egli avrebbe fatto, secondo quanto risulterebbe da carte d'archivio, al card. Leopoldo de' Medici. A testimoniare della sua opera di architetto rimane la fontana monumentale di piazza S. Croce, eretta in pietra su suo disegno nel 1673 e rifatta in marmi policromi nelle stesse forme nel 1816.