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CICLo AGOSTINIANo NEL CHIOSTRO DI Narni

San Nicola sostiene e riporta in vita due giovani impiccati

San Nicola sostiene e riporta in vita due giovani impiccati

 

 

CARLO FEDERICO BENINCASA

1693

Narni, chiostro del convento agostiniano

 

San Nicola sostiene e riporta in vita due giovani impiccati

 

 

 

Il tema della lunetta è un leggendario intervento di san Nicola a favore di due giovani. In questo miracolo il santo sostiene e riporta in vita due giovani impiccati. come esplicita la scritta sul cartiglio "Benché sospesi ed a più rami avvinti fa ritornare in vita anche gli estinti".

Nicola, con la nera tunica dei monaci agostiniani, con le braccia allargate sostiene per i piedi due giovani che penzolano da una forca cui sono stati appesi con una corda al collo. Una raffigurazione similare è stata probabilmente eseguita in Umbria anche da Eusebio da San Giorgio in una tavola databile 1495-1505 oggi nella Collezione Schiff-Giorgini. Interessante è anche una scena dipinta da Pietro da Rimini e bottega nella parete nord del Cappellone di san Nicola a Tolentino, dove il pittore narra il miracolo dell'impiccato, che presenta evidenti analogie con l'affresco di Narni. Il dipinto di Tolentino fu eseguito nei primi decenni del Trecento, il che fa supporre che questo miracolo sia stato tradizionalmente tramandato subito dopo la morte del santo tolentinate.

L'episodio sembra riferirsi alla storia di Vanne da Osimo narrata da Pietro da Monterubbiano. Vanne era stato impiccato, ma era stato trovato ancora in vita quattro giorni dopo, proprio nel momento in cui si stava procedendo all'impiccagione anche di suo fratello. Entrambi vennero rilasciati.

 

Nel Capitolo VIII della Vita di Nicola da Tolentino scritta dal monaco agostiniano Pietro da Monterubbiano al paragrafo 80 si narra proprio le vicende di "Alcuni condannati a morte che sono mirabilmente liberati dall'impiccagione":

 

80. Due fratelli, Mizulo e Vanni, che viaggiavano insieme attraverso il territorio della città dell'Aquila, provenendo dalla città di Osimo, in ragione di un omicidio commesso in quei giorni, vennero presi e condotti dal capitano della città per essere puniti. Benché essi cercassero di giustificarsi riguardo al delitto a loro attribuito, riferendo per altro la verità dei fatti, costretti tuttavia a durissimi tormenti, preferendo piuttosto morire che vivere in mezzo alle sofferenze, dichiararono contro se stessi (cosa che non avrebbero mai pensato di poter fare) di aver commesso il delitto. Per questa ragione furono ritenuti degni di morte e condannati all'impiccagione. I due fratelli invocarono la misericordia di Dio come innocenti e si affidarono ai meriti del beato Nicola. Che dire di più? Vanni fu sospeso alla corda e dopo quattro giorni vennero i ministri per uccidere anche Mizullo, l'altro fratello, con uguale morte: fu allora che si resero conto del fatto che Vanni, che pensavano ormai puzzasse sulla forca, perché morto da quattro giorni, era ancora vivo. Deposto perciò dal patibolo, riconosciuta la virtù di Dio e del beato Nicola, insieme al fratello venne liberato da colui che aveva autorità di farlo.