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CICLo AGOSTINIANo NEL CHIOSTRO DI Narni

Chiostro del convento agostiniano a Narni

Chiostro del convento agostiniano a Narni

 

 

CARLO FEDERICO BENINCASA

1693

Narni, chiostro del convento agostiniano

 

Storia della Vita di sant'Agostino e di santi agostiniani

 

 

 

La lunetta sembra riferirsi all'episodio leggendario che fa di Nicola il santo taumaturgo delle anime del Purgatorio. La legenda annota "Se attento alle altrui pene io volgo il viso cangia il limbo e l'inferno in paradiso".

Tra  i molti miracoli attribuiti a san Nicola, uno in particolare è stato rappresentato in centinaia di occasioni: quello del santo che libera le anime del Purgatorio. Si narra che tale evento abbia avuto luogo quando Nicola era ancora un giovane sacerdote nell'eremo agostiniano di Valmanente vicino a Pesaro.

La Vita di san Nicola scritta da Pietro da Monterubbiano nel 1326, pochi anni dopo la morte di san Nicola, riferisce l'episodio nel cap. II in questi termini:

 

11. Quell'anima allora rispose : "Io sono l'anima di frate Pellegrino di Osimo, che hai conosciuto da vivo: allora ero tuo servo, ora sono tormentato in questa fiamma. Accogliendone la contrizione, Dio non mi destinò alla pena eterna, che nella debolezza meritai, ma alla pena purgatoria, in virtù della sua misericordia. Ora ti prego umilmente di degnarti di celebrare la Messa per i morti, affinché io sia finalmente strappato da queste fiamme". Nicola rispose: "Ti sia propizio il mio Salvatore, o fratello, dal cui sangue tu sei stato redento; io sono però incaricato della Messa conventuale, che deve essere celebrata solennemente, e siccome non è giusto mutare l'officio - tanto meno nel giorno di domenica che viene - non posso recitare la Messa dei morti". Al che quello gli disse: "Vieni, o venerabile padre, vieni e guarda se è davvero degno di te respingere senza misericordia la richiesta che viene da una tanto misera moltitudine". Conducendolo da un'altra parte dell'eremo, gli mostrò allora quella piccola pianura che è vicino a Pesaro, in cui in effetti si trovava una moltitudine di gente, di ogni sesso, di diversa età e condizione e anche di ordini diversi. "Abbi misericordia, o padre, abbi misericordia di una moltitudine tanto misera, che aspetta da te un utile aiuto; infatti se tu vorrai degnarti di celebrare per noi, la maggior parte di questa gente sarà strappata da questi tormenti atrocissimi".

 

12. Risvegliandosi dunque il sant'uomo, mosso da una grande pietà per questa gente, cominciò subito ad implorare il Salvatore di tutti per tutti loro con una grandissima effusione di lacrime. La mattina dopo, prostrato con assoluta reverenza di fronte al priore, evitando ogni cenno di presunzione, gli parlò della visione non rivelando tutto ma solo alcuni particolari e supplicandolo di concedergli il permesso di celebrare la Messa dei morti in quella settimana. Il priore, subito accordando il suo permesso a quelle preghiere, provvide a sostituirlo con un altro nell'incarico. Nicola dunque, celebrando per tutta la settimana la Messa dei morti, giorno e notte piangeva lacrime d'amore per quella moltitudine che gli era stata mostrata. Ed ecco, trascorsa quella settimana, lo stesso frate Pellegrino gli apparve ancora e lo ringraziò per la misericordia che aveva richiesto e gli riferì di essere stato strappato con gran parte della moltitudine predetta dalle pene atrocissime, per la misericordia di Dio, per le Messe celebrate e per le preghiere lacrimose. E disse di essere così giunto con gioia alla gloria di Dio. "Tu ci hai liberato - disse - da ciò che ci tormentava, disperdesti e confondesti coloro che ci odiava".

 

13. O uomo ineffabile, i primordi della cui santità e le primizie dei meriti concorrono alla redenzione degli eletti di Dio! In purgatorio cominciò ad essere conosciuta la giovane età dell'uomo del quale la santità di vita da vecchio è vista essere venerata nel mondo: già la nave dei suoi meriti solca il mare del purgatorio e con le preghiere di questo mondo apre la terra, come con una sorta di vomere del potere a lui affidato. Nicola non solo svuotò il purgatorio con i suoi meriti, ma anche l'inferno sembrò svuotare con le preghiere della sua pietà. Infatti una volta, mentre era conventuale nella città di Recanati, un nunzio addolorato gli si presentò giungendo dalla casa del fratello e non appena fu in presenza del sant'uomo, abbracciandogli le ginocchia a terra, piangendo e gridando a gran voce disse: "Dov'erano le tue preghiere e dove le tue virtù, o Nicola santissimo? Ecco che alle tue mani si chiede conto dell'anima e del corpo di tuo fratello: in un agguato inatteso infatti egli è stato ucciso da malviventi nel castello di Monte Apponi, come se la tua santità che amava il suo corpo e la sua anima non fossero esistiti". Udendo queste cose il sant'uomo non poté trattenere le lacrime, dicendo: "O misero, come è possibile che tu sia dannato! "Rimandato il nunzio, si sottopose allora ad un'astinenza più dura, pregando con lacrime giorno e notte per quindici giorni, affinché il Salvatore Gesù Cristo si degnasse di mostrargli se dannata o salva fosse l'anima di suo fratello. Mentre stava in chiesa, accendendo una lampada in onore del Corpo del Signore che si trovava sull'altare, udì allora una voce che gridava e diceva: "Fratello mio, fratello mio, ringrazio Dio e il Signore nostro Gesù Cristo, il quale guardando le tue preghiere e le tue suppliche piene di lacrime con l'occhio della sua pietà, pur essendo dannato mi liberò". Siccome Nicola temeva gli inganni del nemico, il quale talvolta si trasforma in un angelo di luce, e più facilmente cattura nei lacci dei peccati le anime, senza scomporsi replicò: "Perché mi tenti? Mio fratello è morto e come Dio può dannarlo così può ugualmente salvarlo". Ma quello: "Non avere alcun dubbio, fratello mio: sono proprio Gentile, tuo fratello, liberato ora dall'inferno, da Cristo, grazie alle tue preghiere. Sta sicuro dunque e sii forte nelle opere di penitenza che hai cominciato: le tue opere sono tanto grate a Dio e al nostro Salvatore che qualsiasi cosa tu chiederai a lui durante la tua vita l'otterrai; in questa altra vita, in cui io sono, tu sarai poi molto glorioso".

 

14. Tuttavia l'invidioso e antico nemico s'ingegnò di insidiare il sant'uomo nei luminosi inizi della santità per mezzo di un suo cugino, così come aveva ingannato il primo uomo per mezzo di Eva. Suo cugino era infatti priore in un monastero presso Fermo, vicino al fiume detto Tenna, chiamato Santa Maria di Giacomo. Vedendo dunque la povertà, la nudità, la penitenza e le privazioni del sant'uomo, ne è afflitto e compatendolo gli dice: "Perché devi patire tanta miseria? La condizione del tuo Ordine è poverissima, né riuscirai ad adempiere agli aspri precetti della regola; pensa alla tua giovinezza; tu puoi rallegrarti con me nella pace di questo monastero; stretto dal vincolo della nostra parentela non sopporto più di vedere tanta miseria nella tua giovinezza".

 

15. Il sant'uomo, riconoscendo il dardo della tentazione, prese allora come scudo di difesa una devotissima orazione nella chiesa di quel monastero; l'Agricoltore celeste (il quale non vuole che coloro che mettono mano all'aratro guardino in dietro) in fretta procurò il salutare scudo della buona volontà contro la freccia della tentazione a lui che teneva piegate le ginocchia ed elevate in alto le mani e che pregava dicendo "Dirigi o Signore nel tuo cospetto la mia via". Subito allora, proprio in quella chiesa e in quel luogo dove pregava, venti giovani, disposti alla maniera di due cori, vestiti di bianco, coi volti splendenti, insieme gli si presentarono, esclamando con unanime voce per tre volte: " A Tolentino, a Tolentino, a Tolentino sarà il tuo destino; nella vocazione in cui sei stato chiamato rimani, in essa infatti incontrerai la tua salvezza". Nicola comprese di non aver visto uomini, ma piuttosto di essere stato ammonito da Dio stesso; così egli stesso molto tempo dopo confessò ai frati, con semplicità, rivelando appunto che sarebbe morto a Tolentino. Per quanto il cugino si sforzasse di trattenerlo ancora con blandizie, scoraggiandolo per l'asprezza dell'Ordine e esortandolo alla leggerezza della vita nel suo monastero, tuttavia - come più avanti è pienamente descritto - egli non poté dissuaderne l'animo, né distogliendolo con le asprezze né addolcendolo con promesse di prosperità, giacché Nicola già disprezzava ogni cosa temporale e secondo l'oracolo celeste si affrettò rapido a raggiungere Tolentino.