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CICLo AGOSTINIANo a Novara

Il famoso episodio sul mistero della Trinità quando Agostino incontra un bambino sulla spiaggia

Agostino incontra il bambino sulla spiaggia

 

 

GIUSEPPE NUVOLONE

1655

Collegio Nazionale di Novara

 

Agostino e il bambino sulla spiaggia

 

 

 

La scena dipinta da Nuvolone è un classico iconografico agostiniano che gode nel Seicento di nuova linfa artistica. Nuvolone aveva a sua disposizione numerosi modelli cui ispirarsi: forse ha prediletto il soggetto inciso da Adrien Collaert che fu pubblicato agli inizi del secolo ad Anversa. A differenza dell'omonimo soggetto trattato da Schelte da Bolswert, anch'egli incisore di Anversa, Collaert raffigura Agostino da vescovo anzichè da monaco. Qui Nuvolone sintetizza le due interpretazioni: veste Agostino da monaco e poi lo addobba con gli attributi vescovili. L'anziano santo si rivolge ad un bambino seminudo che sta giocando sulla spiaggia e che rivolge lo sguardo ad Agostino che lo sta interrogando.

La scena si svolge in una atmosfera surreale con un vasto panorama marino che si sviluppa in profondità: più in vicinanza degli alberi ricordano la terraferma, mentre in alto degli angioletti volteggiano rendendo più dinamico l'episodio. Nell'estremo cielo, fra le nuvole, che sono squarciate dalla luce, osserva la scena la Santa Trinità: questo particolare non è nuovo, ma si rinviene già nelle stampe di Wandereisen pubblicate a Ingoldstadt nel 1631.

 

L'episodio descritto in questa leggenda è abbastanza noto: Agostino, grande indagatore del problema del Bene e del Male, un giorno passeggiava per una spiaggia quando incontrò un bambino-angelo che con un secchiello prendeva dell'acqua di mare e la versava in una piccola cavità nella sabbia. Alla domanda del Santo su che cosa stesse facendo, il bambino avrebbe risposto che voleva porre tutto il mare dentro quel buco. Quando il Santo gli fece notare che ciò era impossibile, il bambino avrebbe replicato che così come non era possibile versare tutto il mare dentro la buca allo stesso modo era impossibile che i misteri di Dio e della SS. Trinità entrassero nella sua piccola testa di uomo.

Ciò detto sparì, lasciando il grande filosofo nell'angoscia più completa. Secondo il parere di alcuni studiosi di parabole e leggende la narrazione potrebbe essere considerata un sogno effettivamente fantasticato dal Santo. Altri aggiungono che forse il colloquio non si sarebbe svolto esattamente come è stato raccontato, perché, prima di sparire, il Santo aveva potuto a sua volta replicare che la risposta non lo convinceva, in quanto - avrebbe obiettato - il mare e i misteri di Dio sono due realtà assai diverse. Pur impossibile, sarebbe stato teoricamente verosimile immaginare il versamento del mare in una buca e allora allo stesso modo si sarebbe potuto supporre che i misteri divini avrebbero potuto entrare in un cervello umano adatto allo scopo e se l'uomo non aveva ricevuto una mente con tali qualità la colpa sarebbe da imputare a Dio, che non aveva appunto voluto che i suoi misteri fossero concepiti dall'uomo, per lasciarlo nell'ignoranza e nel dubbio più atroci.

"Perché Dio non vuole essere capito?" avrebbe domandato il Santo al pargolo divenuto improvvisamente pensieroso. "Te lo dimostro subito" rispose il bambino dopo un momento di perplessità e così, mentre parlava, con il secchiello divenuto improvvisamente grandissimo e mostruoso, in un sol colpo raccolse l'acqua del mare, prosciugandolo, e la pose nella buca, che si allargò a dismisura fino ad inghiottire il mondo. A quella vista il Santo si svegliò con le lacrime agli occhi e capì.