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PITTORI: Filippo Lippi

Agostino, Francesco, Benedetto e un santo vescovo di Filippo Lippi

Agostino, Francesco, Benedetto e un santo vescovo

 

 

FRA FILIPPO LIPPI

1452-1464

New York, Metropolitan Museum of Art

 

Agostino, Francesco, Benedetto e un santo vescovo

 

 

 

Questa raffigurazione dei santi Agostino, Francesco, Benedetto e un altro santo vescovo è un dipinto a tempera su carta, applicata su tela (142,2 x 100,3 cm) attribuito a Filippo Lippi, databile al 1452-1464 circa. L'opera è conservata, dal 1917, nel Metropolitan Museum of Art di New York. Il critico d'arte Osvald Sirén la riteneva l'ala destra di una pala d'altare, contemporanea agli affreschi eseguiti da Lippi a Prato, e ricollegabile alla Visione di sant'Agostino dell'Hermitage di San Pietroburgo e con Le storie di san Nicola della predella dell'Annunciazione in San Lorenzo a Firenze.

L'attribuzione al Lippi o alla sua bottega è tuttavia controversa, sia per la mancanza di documenti che per le cattive condizioni di conservazione del dipinto. Vari critici ritengono che Lippi abbia eseguito il disegno complessivo, affidando l'esecuzione pittorica agli allievi, altri riconoscono la mano dell'artista nelle teste dei santi inginocchiati.

 

 

Filippo Lippi

Filippo di Tommaso Lippi nasce a Firenze nel 1406 da una famiglia modesta, che abita in Oltrarno nella contrada detta Ardiglione presso il convento del Carmine. Rimasto orfano a due anni, è allevato dalla sorella del padre, Monna Lapaccia, che sei anni dopo lo affida ai frati del Carmine. Il caso vuole che dal 1422, grazie al testamento del ricco mercante Felice Brancacci, la chiesa di Santa Maria del Carmine diventi lo scenario di un evento dirompente per la storia della pittura italiana. Il Brancacci fa costruire per la sua famiglia una cappella la cui decorazione viene affidata nel 1424 a Masolino da Panicale. Questi porta con sé nell'impresa il giovane Masaccio (1401-1428), uno dei massimi geni dell'arte del Rinascimento.

Ritroviamo con certezza Fra Filippo a Firenze nel 1437 quando un certo Jacopo di Filippo orafo si fa garante per lui su un anticipo di 40 fiorini per la pittura della Pala dell'altare Barbadori nella chiesa di Santo Spirito (oggi al Louvre). Nello stesso anno viene terminata la cosiddetta Madonna di Tarquinia, eseguita per il cardinale Vitelleschi, arcivescovo di Firenze dal 1435 al 1437, uno dei capolavori di Lippi.

Nel frattempo il Lippi nel 1442 era stato nominato da papa Eugenio IV Rettore e Abate Commendatario a vita della chiesa di San Quirico a Legnaia, presso Firenze, e subito investito del beneficio. Da una nota del 1447 risulta che anche il fratello Giovanni fosse stato addetto alla stessa chiesa. Il beneficio non avrebbe però risolto i continui problemi economici del frate. Ai primi del 1452 comincia per fra Filippo la lunga avventura della decorazione del Coro della Pieve di Santo Stefano a Prato, che lo occuperà fino al 1465.

Stanziata per gli affreschi e la vetrata la somma di 1.200 fiorini e ricevuto nel marzo del 1452 il rifiuto del Beato Angelico, il Comune di Prato decide di affidare il prestigioso incarico a fra Filippo, che subito accetta e si reca a Prato. Le committenze medicee, già iniziate col 'San Gerolamo' per Piero il Gottoso e con la Pala per la Cappella del Noviziato in Santa Croce richiesta da Cosimo il Vecchio (1445-1450), si intensificano dopo il 1456-1458 grazie al grande favore incontrato presso Alfonso d'Aragona dalla Pala che Cosimo il Vecchio gli ha mandato in dono (e di cui restano solo due pannelli laterali nel museo di Cleveland).

Nel 1452 si trasferisce a Prato, dove esegue gli affreschi nel coro della Cattedrale e altre opere. Il lungo soggiorno a Prato è da mettere in relazione con lo scandalo della relazione con la monaca Lucrezia Buti, da cui nasce Filippino. Rientrato a Firenze, Filippo ottiene commissioni di altissimo prestigio, come la Natività per la Cappella dei Magi in palazzo Medici, oggi a Berlino. E sempre su committenza medicea Filippo avvia l'ultima opera nel Duomo di Spoleto dove dipinge gli affreschi del coro. Nel 1466 Filippo è già al lavoro nel cantiere di Spoleto. L'Opera del Duomo di quella città lo incarica di affrescare con Storie della Vergine la Tribuna della Cattedrale e già a febbraio del 1466 il pittore riceve denaro per pagare oro e azzurro.

A Spoleto il pittore morirà, fra l'8 e il 10 di ottobre del 1469, e sarà sepolto nel Duomo.