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PITTORI: Giacinto Gimignani

Madonna con Bambino, Sant'Agostino e santo a fano

Madonna con Bambino, sant'Agostino e santo

 

 

GIACINTO GIMIGNANI

1654

Fano, Curia vescovile

 

Madonna con Bambino, sant'Agostino e santo

 

 

 

L'opera di Giacinto Gimignani, che raffigura una Madonna con Bambino, sant'Agostino e un santo, si conserva a Fano, in deposito presso la Curia vescovile. Essa fa parte di una triplice commissione che il pittore ricevette verso la metà del Seicento in un periodo di ristrettezze.

Le difficoltà e le gelosie professionali lo avevano spinto a lavorare in circuiti provinciali, e in questo clima si collocano i tre dipinti realizzati per Fano, di cui anche una Sacra Famiglia, nel seminario vescovile, datata 1654, e gli affreschi per le cappelle Borsotti e Boccella in S. Agostino a Lucca, del 1657, di un livello estremamente modesto.

La struttura dell'opera prevede nel piano superiore la presenza della Vergine e del bambino che guardano verso Agostino, che a sua volta, nel piano di mezzo, indica a un santo la presenza della Vergine. Più sotto un santo inginocchiato guarda con devozione impugnando una penna verso l'alto in direzione di Maria e del Bambino Gesù. Un nugolo di angioletti volteggiano sui diversi piani attorno ai personaggi raffigurati. Sullo sfondo il cielo si squarcia mostrando un ampio panorama con monti e vallate. Agostino indossa gli abiti episcopali, porta in testa la mitra e regge con il braccio destro il bastone pastorale. Nella mano destra tiene fermo un libro semisocchiuso.

La devozione per la Vergine fu un carattere specifico dell'ordine agostiniano. Già Agostino, nei suoi scritti, esaltò le virtù, affermando inseparabile la sua azione da quella di Cristo e proponendola come modello per tutti i credenti. Agostino si fece veicolo di precisi contenuti dottrinari che ebbero lo scopo di confutare le tesi eterodosse diffuse a quei tempi. Agostino ribadì ripetutamente e con chiarezza i concetti della maternità fisica e insieme divina di Maria nonché la sua verginità, che ne fanno il simbolo della Chiesa, nello spirito vergine, per integrità e pietà, e madre nella carità.

Dei tre vangeli sinottici quello che parla più diffusamente di Maria è il Vangelo di Luca. Vi si racconta che Maria viveva a Nazaret, in Galilea e che, promessa sposa di Giuseppe, ricevette dall'arcangelo Gabriele l'annuncio che avrebbe partorito il Figlio di Dio (Lc. 1, 26-38). Ella accettò e, per la sua totale fedeltà alla missione affidatale da Dio, è considerata dai cristiani il modello per tutti i credenti. Lo stesso Vangelo secondo Luca racconta la sua pronta partenza per Ain Karem, per aiutare la cugina Elisabetta, anziana, incinta di sei mesi.

Da Elisabetta è chiamata "la madre del mio Signore". Maria le risponde proclamando il Magnificat: « Allora Maria disse: L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l'umiltà della sua serva. D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.» (Lc. 1, 46)

 

 

Giacinto Gimignani

Nasce a Pistoia nel 1606, dove cresce alla scuola del padre Alessio (1567-1651). Verso il 1630 da Pistoia si trasferì a Roma, dove, dopo un breve periodo legato alla pittura di Pietro da Cortona, intraprese la via del classicismo in sintonia con la pittura praticata a Roma dai francesi Nicolas Poussin, Pierre Mignard e François Perrier. Nel 1643 nasce il primo figlio Ludovico che continuò il suo lavoro divenendo anche principe dell'Accademia di San Luca dal 1688 al 1689. Nel 1652 Gimignani si trasferisce a Firenze, dove lavora per la corte medicea e soprattutto per la famiglia pistoiese dei Rospigliosi. Nel 1661 ritorna a Roma. Determinante per la sua carriera fu l'influsso della famiglia Rospigliosi e in particolare del cardinale Giulio (1600-1669), che salirà al soglio pontificio col nome di Clemente IX (1667-1669). A lui va attribuita la svolta classicista che l'artista intraprende verso il 1635. Grazie ai favori del cardinale, Gimignani ottenne prestigiose commissioni tra cui la pittura di venticinque tele con storie sacre e mitologiche (1652-1654) e un Ratto delle Sabine (1654) per il palazzo Rospigliosi in Ripa del Sale a Pistoia che fu la più impegnativa di tutta la sua carriera. Il Gimignani morì a Roma nel dicembre 1681 e fu seppellito, dopo solenni onoranze, cui parteciparono gli accademici di S. Luca, nella chiesa di S. Andrea delle Fratte. La tomba di famiglia, nella prima cappella a destra, decorata con un san Michele Arcangelo di Ludovico, era stata voluta dallo stesso Gimignani nel 1667, in occasione della morte della moglie Cecilia Turchi; l'iscrizione, dispersa, è documentata da Pascoli e da Forcella.