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PITTORI: Giacinto Gimignani

Studio di sant'Agostino monaco di Giacinto Gimignano

Sant'Agostino monaco

 

 

GIACINTO GIMIGNANI

1640

Düsseldorf, Kunstmuseum

 

Sant'Agostino monaco

 

 

Sant'Agostino è qui raffigurato in questo studio, su disegno a sanguigna, nelle vesti di un monaco agostiniano in atto di benedire.

Dipinto a gessetto rosso, rinforzato con gesso bianco, su carta colorata di rosso, il disegno misura in altezza 42 cm e in larghezza 28 circa.

La mano destra è alzata in segno di benedizione, mentre la mano sinistra appoggia contro la gamba un gran libro aperto.

Agostino ha un viso con un accentuato stile classicista. Il mento è abbellito da una rigogliosa e riccioluta barba. Il tratto è estremamente pulito e netto nella definizione dei particolari. La raffigurazione di Agostino nelle vesti di monaco non è inusuale nella sua iconografia, dato che, sin dal suo sorgere nel XIII secolo, l'ordine agostiniano si premurò di dimostrare che il santo vescovo di Ippona era stato il vero fondatore dei monaci eremitani agostiniani.

Agostino dopo il suo ritorno in Africa condusse una vita appartata prima a Tagaste nella sua città natale e poi anche a Cartagine. In questo periodo, assieme ad amici, fonda delle piccole comunità, che sono le prime esperienze di quelle che diventeranno negli anni seguenti dei veri e propri monasteri. L'iconografia agostiniana ha sempre privilegiato, specialmente alle origini della fondazione dell'ordine agostiniano nel XIII secolo la figura dell'Agostino monaco, riconoscendo nel santo l'autentico fondatore dell'ordine stesso. In queste rappresentazioni il santo appare con la tradizionale veste nera dei monaci agostiniani.

 

Ricevuta la grazia, insieme con altri concittadini e amici che ugualmente servivano a Dio, volle tornare in Africa, alla sua casa e ai suoi campi. Tornato, vi rimase circa tre anni; e dopo aver ceduto quei beni, insieme con quelli che gli erano vicini viveva per Dio, con digiuni preghiere buone opere, meditando notte e giorno la legge del Signore. 3. 2. E tutto ciò che Dio faceva comprendere a lui che meditava e pregava, egli faceva conoscere a presenti e assenti con discorsi e libri.

POSSIDIO, Vita beati Augustini 3, 1.

 

 

 

Giacinto Gimignani

Nasce a Pistoia nel 1606, dove cresce alla scuola del padre Alessio (1567-1651). Verso il 1630 da Pistoia si trasferì a Roma, dove, dopo un breve periodo legato alla pittura di Pietro da Cortona, intraprese la via del classicismo in sintonia con la pittura praticata a Roma dai francesi Nicolas Poussin, Pierre Mignard e François Perrier. Nel 1643 nasce il primo figlio Ludovico che continuò il suo lavoro divenendo anche principe dell'Accademia di San Luca dal 1688 al 1689. Nel 1652 Gimignani si trasferisce a Firenze, dove lavora per la corte medicea e soprattutto per la famiglia pistoiese dei Rospigliosi. Nel 1661 ritorna a Roma dove muore nel 1681.

Determinante per la sua carriera fu l'influsso della famiglia Rospigliosi e in particolare del cardinale Giulio (1600-1669), che salirà al soglio pontificio col nome di Clemente IX (1667-1669). A lui va attribuita la svolta classicista che l'artista intraprende verso il 1635. Grazie ai favori del cardinale, Gimignani ottenne prestigiose commissioni tra cui la pittura di venticinque tele con storie sacre e mitologiche (1652-1654) e un Ratto delle Sabine (1654) per il palazzo Rospigliosi in Ripa del Sale a Pistoia che fu la più impegnativa di tutta la sua carriera.