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CICLo AGOSTINIANo con le incisioni di Guglielmo Collaert

L'inquietudine di Agostino

L'inquietudine di Agostino

 

 

COLLAERT GUGLIELMO

1629

Edizione a stampa del volume Flammulae Amoris Sancti Patris Nostris Augustini Versibus et Iconibus Exornatae

 

L'inquietudine di Agostino

 

 

 

Il testo che accompagna l'incisione è alquanto famoso e costituisce l'incipit delle Confessioni: Fecisti nos ad te, et inquietum est cor nostrum, Domine, donec requiescat in te.

Il "cuore inquieto" di Agostino ha ispirato l'artista a creare un'immagine tempestosa: all'orizzonte della marina, un fulmine che scocca da una nuvola minaccia una nave in alto mare. La stessa nave riappare in primo piano, intatta, sulla banchina splendidamente descritta nei suoi particolari. L'Amore Divino, nel bel mezzo della tolda, maneggia le cime e tira la vela. La nave porta a poppa uno stendardo contrassegnato da un cuore trafitto. Volteggiando nella stessa direzione, la bandiera in cima all'albero ha per contrassegno una corona di spine.

Sulla riva un bambino con l'aureola tende la sua braccia a questo Amore. Questo Bambino rappresenta probabilmente Gesù e non Agostino, in quanto è seduto sulla croce. Questa a sua volta poggia sulla colonna della flagellazione, mentre nelle vicinanze sono distribuiti alla rinfusa sulla spiaggia gli altri strumenti della Passione. Riconosciamo i dadi, usati per gioco per dividere la tunica di Cristo, la lancia, la corona di spine, le verghe. L'idea sottintesa alla composizione vuole indicare che la sofferenza provvidenziale può portare solo su un terreno solido e sicuro, come accadde per Agostino.

Sulla metafora della tempesta Agostino ritorna nell'ottavo libro delle Confessioni: "Oborta est procella ingens ferens ingentem imbrem lacrimarum." Sulla natura della tempesta provvidenziale che conduce a un porto sicuro, Agostino ritorna nel prologo del De beata vita.