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La questione di don Baldassarre Comi

Carro con cavallo in inverno ai Campiasciutti

Carro con cavallo in inverno ai Campiasciutti

 

 

La questione di don Baldassarre Comi

di Luigi Beretta

 

 

 

Attorno al 1894 si sviluppò una querelle che coinvolse il parroco Antonio Gioletta, il suo coadiutore don Baldassare Comi e il duca Guido Visconti.

Don Baldassarre Comi, nativo di Montevecchia (1844) fu coadiutore prima per 10 anni a Barzanò e poi a Cassago, di cui fu vicario spirituale per ben tre volte. E vicario spirituale fu una quarta volta durante la vacanza della Parrocchia dal dicembre 1907 al maggio 1908. Fu cappellano fino al 1905. Morì il 26 novembre 1913 a quasi settant'anni.

Antonio Gioletta era diventato parroco nel 1873 succedendo al Morganti. Dapprima era stato coadiutore a Milano, poi Vicario Spirituale di Fallavecchia di S. Bartolomeo Val Cavargna e a Morimondo. Fu anche assistente nella Pia Casa Incurabili di Abbiategrasso. Gioletta provvide la chiesa della Via Crucis che benedisse nel maggio 1876, fece dipingere la cappella del Crocifisso, nel 1885 benedisse il nuovo cimitero, nel 1887 dotò anche la chiesa di Oriano di una Via Crucis. Sono da ascrivere a lui anche la riparazione dell'Organo, la pittura del cielo del presbiterio, il pavimento della Chiesa (di materia però non troppo buona) e il Coro.

Le spese del coro, della riparazione dell'organo e delle decorazioni del cielo del presbiterio e dei due medaglioni a fianco dell'Altare maggiore furono sostenute dal duca Guido Visconti. Dopo 20 anni lasciò Cassago, ritirandosi nel 1894 a S. Pietro di Abbiategrasso, dove a 78 anni morì improvvisamente il 22 gennaio 1900.

E' proprio da Abbiategrasso che don Gioletta si concede uno sfogo amaro indirizzando una lettera impetuosa al duca Guido, di cui si professa grande amico, ricordando tutti gli sforzi che ha fatto per evitargli ogni incomodo.

Se la prende soprattutto con il suo coadiutore don Baldassarre che, a suo dire, lo ha disonorato agli occhi del duca:

"Eccellenza !

Abbiategrasso li 20 Ottobre 1894

Sono dolentissimo che l'imprudente D. Baldassare si sia preso l'abominevole incarico di farmi scapitare nell'onore, e nella stima presso Vostra Eccellenza (che sempre ho amato e rispettato) e di disturbarlo col mettere in campo l'affare dell'incameramento della Messa cotidiana lasciata dal fu Duca Carlo Visconti. Io ho fatto di tutto per salvare un tal Legato: sono andato all'Intendenza di Finanza di Como, due volte a Brivio, e due volte in Curia. Ho portato il Certificato di rendita in Curia, e l'Avvocato Generale Monsignor Bobbiesi, ed il suo aggiunto Monsignor Rossi, letta l'intestazione, si meravigliarono come mai il Fisco mi avesse lasciato finora un tal Certificato, mentre il Legato aveva tutti e tre i requisiti per essere soppresso tanti anni prima, cioé dal 1867, e mi dissero di far subito la consegna se io voleva schivare pel di più qualche multa (la quale per verità non si fece aspettare) ed allora, ritornato a Cassago, combinai coll'ottimo Sig. Angelo Porro una gita a Brivio per tentar l'ultimo colpo. Ma avendo sentito dalla bocca dello stesso Ricevitore del Registro che aveva di già spiccato ordine al Pretore ed ai Carabinieri di Missaglia di portarsi a Cassago a ritirare il Certificato di Rendita, perché noi tardammo troppo a far la consegne, noi due, a scampo di una visita disgustosa di Carabinieri, abbiamo ceduto alla forza, e facemmo la consegna dicendo = Dura lex sed lex = Poi domandammo al Sig. Ricevitore se bastava la firma di un sol Fabbriciere, e ci rispose di sì, ed allora si é steso l'atto di consegna, e lo firmammo, anche per risparmiare le spese di un altro viaggio, sempre costoso. = Ma ecco che dopo pochi giorni ricevo un altro avviso dal Ricevitore con queste precise parole = Per effetto del Legato di Messe istituito dal fu Duca Carlo Visconti di Modrone in codesta Parrocchia, l'amministrazione ha dichiarato che codesta Fabbriceria é debitrice a tutto il 9 novembre 1893, giorno anteriore alla presa di possesso della somma di L.3053.28 per arretrati tassa 30% = A tale dichiarazione, o dirò meglio intimazione mi spaventai: corro a Como, corro a Brivio, scrivo e riscrivo e finalmente la multa venne condonata. Vede adunque illustrissimo ed amatissimo sig. Duca che noi abbiamo agito con coscienza, e nella via più regolare, e se io ho detto niente a V. Eccellenza si fu perché credeva imprudente il disturbarlo per una disgrazia che non ammetteva rimedio, ma se in questo ho mancato, eccomi qua a domandarle umilmente perdono."

A questo punto don Gioletta non si trattiene più e tratta apertamente la questione don Baldassare senza peli sulla lingua, anche perché non è più parroco di Cassago e non ha più motivi per tacere:

"Or mi permetta una digressione. Io ho mai parlato male di D. Baldassarre (e ne avrei avuto tanto da dire) ma ora, a mia difesa, che pur troppo troverà naturale, debbo dire a V. Eccellenza di non fidarsi di un tal individuo, che ora si é fatto capopolo per sollevare quei poveri ignoranti di contadini. Cassago fu sempre quieto e tranquillo, ed ora é tutto sottosopra e perché chi deve mettere pace, promuove guerra, ed a dirla chiara e tonda, perché il predetto p. Baldassare ha fatto lega coi primi nemici di Casa Visconti e di me perché fedele alla Eccellentissima Casa Visconti. Io però non tema, perché so come ho agito, e tutti i Parroci dei dintorni, la Curia Arcivescovile il R. Subeconomo, ed il Prevosto, Vicario Foraneo di Missaglia possono parlar forte in mia difesa, perché conoscono benissimo me ed il Coadjutore Comi = Ma intanto l'assicura che grandissimo si é il dispiacere che provo a veder che un mio beneficato, qual é D. Baldassare, da ingrato, si sia fatto mio feroce persecutore, ed ingiusto accusatore.

Ah Eccellenza!

ritenga pure che il Signore ha risparmiato a Cremella ed a Cassago una grande disgrazia coll'impedire che p. Baldassare venisse nominato Parroco: la Curia lo conosce bene e basta. Mi perdoni, Eccellenza, se l'ha disturbato: di nuovo lo ringrazio per le tante gentilezze usatemi, e pel tanto bene fatto all'ex-mia parrocchia di Cassago, che non avrei mai abbandonato se avessi avuto un coadjutore diverso, e stia pur certo che la mia gratitudine non cesserà che colla mia morte. Con tutto il rispetto e la massima considerazione mi dichiaro di V. Eccellenza Devotissimo ed Ass. Servitore.

Prete Gioletta Antonio

P. S. Cordiali saluti alla degnissima Sig. ra Duchessa, di cui nelle mie preghiere non mi dimenticherò mai."

Le parole di don Gioletta sono precise, pesanti, taglienti e non ammettono repliche, soprattutto sono proferite davanti a una vera autorità del paese, il duca Guido con cui aveva intrattenuto rapporti di amicizia per più di vent'anni.

Ma chi era don Baldassare ?

Il suo parroco ne parla male, ma la gente non sembra di questo parere, quantunque sia stato un tipo un poco originale. Rimase a Cassago per quarant'anni e fu per quattro volte Vicario Episcopale; non si sa perché non sia stato mai nominato parroco, ma lo possiamo immaginare dalla testimonianza di don Gioletta. Pasquale Cattaneo, studioso della storia di Cassago, lo considerava "un santo per questo semplice fatto: che fu coadiutore a Cassago per ben quarant'anni, e cioè da sacerdote novello fino alla sua morte. La parrocchia di Cassago fu la vigna affidatagli dal Signore a mezzo del Vescovo, e qui rimase, umile, e fedele servo di Dio, sopportando privazioni materiali ed avversità morali. Non cercò mai di evadere dal duro lavoro monotono e quotidiano (il terribile quotidiano) con il pur giustificato ed umano desiderio di migliorare la propria condizione sollecitando una sede diversa che, se non altro, gli avrebbe dato la soddisfazione del nuovo. No, egli rimase qui a Cassago a fare il coadiutore, ed alla popolazione di Cassago infuse e profuse il tesoro delle sue virtù. Ricorderò due episodi che hanno del miracoloso, che di lui si raccontano:

Nel centro di Cassago viveva uno straccivendolo che teneva ammucchiati in una casa una quantità considerevole di stracci e di strazza. Un brutto giorno, tutti questi stracci presero fuoco: la casa cominciò a bruciare, e l'incendio minacciava di estendersi alle case vicine. Erano accorsi i pompieri che, con le loro pompe, avevano vuotato tutti i pozzi. Non c'era più acqua! Tutto il paese era sotto la minaccia della distruzione. Don Baldassare è sul posto del sinistro ad aiutare con la sua opera, ad incoraggiare con la sua parola e col suo esempio. E un vociare continuo! Bambini che piangono, donne che si disperano, uomini che accorrono portando continuamente dei secchi d'acqua presi dai pozzi più lontani e da qualche ruscello. Ma occorre ben altro! Il fuoco aumenta! Un grido corre di bocca in bocca. Non c'è più l'acqua per alimentare le pompe. Don Baldassare ode quel grido disperato. Tra un richiamo e l'altro delle donne che supplichevoli si rivolgono a lui, grida: "Dite ai pompieri di mettere le canne nella fontana." "La fontana è vuota", gli si rispose, ed egli di rimando: "Mettete le canne nella fontana." Esce dalla confusione e dalla mischia un vecchietto, afferra il lungo tubo della pompa e ne trascina l'imboccatura fino alla fontana del Varese, immergendolo nella poca acqua che vi è raccolta; ed intanto che corre verso la fontana ripete come un ispirato: "Lo ha detto lui! Lo ha detto lui! ". Ed oh, meraviglia! Miracolo della fede! Le pompe vomitano acqua con getto violento! Soddisfatti, fra la gioia della popolazione, i pompieri riprendono nuova lena, indirizzando l'acqua sul fuoco e, finalmente, ne hanno ragione. Il paese è salvo! Don Baldassare ha compiuto il miracolo. Un giorno un contadino stava trasportando del fieno su di un carro trainato da un cavallino.

La strada era in salita, ed il peso troppo greve per la povera bestia. Grida, frustate, pedate, maledizioni per eccitare il cavallo, non valsero a nulla. Il cavallino rimaneva fermo ed impotente sotto al carro! Don Baldassare, che recitava il breviario, si trovò a passare proprio per quella strada. Egli, vista la scena, chiuse il breviario, che tenne nella mano sinistra, ed appoggiato si con la destra al carro, in atteggiamento di spingere disse rivolto al contadino: "Dà la voce". Nel frattempo, altri due uomini appoggiati con le forche dietro al carro, spingevano con tutta la loro forza. Chi non si sforzava era don Baldassare! Fu lui però a spingere innanzi il carro, sicché il cavallo, sentendosi alleggerito, si mise a camminare speditamente, tanto che i due uomini che spingevano lasciarono ben tosto cadere le forche, diventate oramai inutili, ché non ce la facevano più a tener dietro alla velocità assunta dal cavallino. Il carro sfuggiva loro miracolosamente, spinto da una forza invisibile.

Era don Baldassare.

Morì il 26 novembre 1913, santamente ed umilmente come visse. Le sue ossa, riesumate dalla primitiva sepoltura, furono sistemate ancora nel cimitero di Cassago, nella tomba di un altro santo Sacerdote, don Gaetano Bassani ».