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CICLo AGOSTINIANo del Chiostro dei Morti a firenze

Giovanni da San Facondo ridona viva alla madre la figlia morta

Giovanni da San Facondo ridona viva alla madre la figlia morta

 

 

ULIVELLI COSIMO

1625-1705

Chiostro dei Morti del Convento di S. Spirito a Firenze

 

Giovanni da San Facondo ridona viva alla madre la figlia morta

 

 

 

"Nella Decima Ottava effigiata dalI'Ulivelli, si vede altro miracolo fatto da medesimo santo di rendere ad una Madre viva una sua figliola morta."

La scena si riferisce ad un episodio miracoloso che vede come protagonista Giovanni da san Facondo monaco agostiniano. Come specifica la scritta, incompleta, sottostante l'affresco "... VIVA ALLA MADRE LA FIGLIA MORTA", la vicenda eccezionale ha per protagonista san Facondo. In una affollata coreografia, il santo appare nel mezzo della scena mentre aiuta la donna che piange la figlia morta avvolta in fasce e deposta su un letto.

La donna accompagnata da una conoscente osserva il santo rassegnata, quasi impassibile, mentre Giovanni da san Facondo sembra rivolgerle parole di conforto. Sulla sinistra la scena prosegue con altri esempi di morti distesi su un letto accuditi da alcuni inservienti.

Tutta la vita del santo è colma di episodi miracolosi. Durante il noviziato fece rapidi progressi nell'ubbidienza e nell'umiltà, e Dio gli concesse il dono dei miracoli. Essendogli stata affidata la cura del refettorio e della cantina, per sovvenire ai bisogni della numerosa comunità, moltiplicò con un semplice segno di croce, per diversi mesi, il vino di una botticella che non sarebbe potuto bastare più di una settimana. Poco dopo la professione religiosa (1464) Giovanni fu eletto maestro dei novizi e quindi Definitore della Provincia, carica questa che gli fu rinnovata per sette volte di seguito, fino alla morte. Nessuno era più esemplare di lui nell'osservanza della Regola, nessuno era più diligente di lui nel farla osservare. Considerava difatti la più piccola infrazione ad essa come un'apostasia. Un giorno gli capitò di rimanere involontariamente in un luogo più di quanto il Priore gli aveva concesso. Giovanni ne provò una così grande afflizione che, in penitenza, ottenne di restarsene per due giorni chiuso in una stanza senza cibo e senza bevande. Era così delicato di coscienza che sentiva il bisogno di confessarsi fino a tre volte il giorno non tollerando la più piccola infrazione alla virtù della giustizia. Il Priore gliene fece le rimostranze perché gli pareva che affaticasse inutilmente i confessori e desse cattivo esempio ai confratelli inducendoli a credere che commettesse numerose e gravi colpe. Dio concesse al suo servo un grado molto elevato di contemplazione, che gli faceva trascorrere intere notti nella dolcezza dell'estasi e talora rapito per aria. Dopo mattutino egli non tornava più a letto, ma si preparava alla Messa. Mentre la celebrava Gesù Cristo gli appariva di frequente più splendente del sole e gli concedeva, in familiari colloqui, sublimi conoscenze riguardo alla grandezza del divino sacrificio. Nel celebrarlo Giovanni impiegava d'ordinario due ore.

Egli riprendeva il vizio ovunque lo scovava, senza guardare in faccia ad amici o a persone costituite in dignità. Non gli mancarono affronti e minacce di morte da parte di signori che si sentivano presi di mira per le loro usure e i loro vizi, o di signore che si sentivano biasimate per il lusso sfrenato e le quotidiane dissolutezze, ma Dio lo liberò dalle loro insidie finché la sua missione non fu terminata. Per ordine dei superiori Giovanni riprese l'opera pacificatrice che aveva già svolto nella città prima che si facesse religioso. In quel tempo Salamanca era perturbata da due fazioni opposte.

Alcuni sediziosi avevano avuto l'ardire di comparire armati nella chiesa in cui predicava la pace, pronti a suscitarvi risse. Un giorno, divorato dallo zelo per la casa di Dio, illuminato dallo Spirito Santo, con voce possente e profetica ammonì che chi avesse avuto l'ardire di mettere mano alla spada per eccitare il tumulto sarebbe morto all'istante. Uno dei più ostinati, sprezzante delle sue minacce, volle estrarre la spada dal fodero, ma il presuntuoso cadde a terra fulminato tra lo spavento generale. Quel pubblico castigo sortì l'effetto desiderato. A Salamanca, dopo anni di guerre, che tre re di Spagna avevano inutilmente cercato di fare cessare, fu ristabilita la pace. Il santo di Dio continuò a predicare contro i disordini che potevano provocare altre turbolenze: le ingiustizie sociali, il concubinato e il meretricio. Per ricondurre i peccatori sul retto sentiero non temette di andarli a scovare nei postriboli e ricordare loro la necessità di praticare la castità per salvarsi. Di questa angelica virtù il santo ne fu per così dire il martire.

 

 

Giovanni da San Facondo

Giovanni da San Facondo González de Castrillo (Sahagún, 1430 - Salamanca, 11 giugno 1479) è stato un sacerdote e religioso spagnolo, venerato come santo dalla Chiesa cattolica. Nacque da una nobile famiglia a Sahagún un comune della Spagna del XV secolo. Prima che venisse ordinato sacerdote, lo zio fece in modo da fargli usufruire di un beneficio ecclesiastico con cura d'anime. Giovanni non accettò il beneficio, ritenendo tale dono non proveniente dalla grazia di Dio, ma da una manovra economica. Per la sua indole fu posto al servizio del vescovo di Burgos, Alfonso da Cartagena, che lo ordinò sacerdote, all'incirca all'età di 33 anni. Insoddisfatto della vita nella curia, alla morte del vescovo entrò nell'Ordine di Sant'Agostino il 18 giugno 1463. Si consacrò definitivamente al Signore il 28 agosto 1464. Il santo fu pure nominato Priore del convento di Salamanca a due riprese, nel 1471 e nel 1477. Morì nel 1479 e le sue spoglie sono conservate nella cattedrale nuova di Salamanca. I cittadini scolpiranno sul sepolcro del santo dopo la sua morte: "Hic jacet per quem Salmantica non jacet". Viene ricordato soprattutto per la sua umiltà e sincerità, fu un promotore di pace. Difensore dei diritti dei più poveri in particolare degli operai. Da ricordare la sua particolare devozione al culto eucaristico. Profondamente umile e sincero, fu instancabile promotore della pace e della convivenza sociale e difese strenuamente i diritti degli operai. Ebbe una spiccata devozione all'Eucaristia. Beatificato nel 1601 da papa Clemente VIII, fu canonizzato da papa Alessandro VIII nel 1690. La sua memoria liturgica ricorre il 12 giugno ed è invocato contro i calcoli renali dai quali egli stesso era stato guarito.

 

L'autore a cui si attribuisce l'affresco è un nipote del pittore Vincenzo Dandini. Piero (1646-1712) appartiene a una famiglia di artisti e fu tra i pittori più attivi a Firenze in epoca barocca. Sue opere si trovano in molte chiese cittadine, come San Frediano (affreschi nella Cappella di San Bernardo), San Jacopo Soprarno, San Giovannino degli Scolopi (affreschi nelle lunette), Santa Maria Maddalena de' Pazzi (affresco della cupola della Cappella Maggiore con l'Ascesa di Santa Maria Maddalena de' Pazzi con tutti i santi fiorentini, 1701), Santa Maria Maggiore, San Giovannino dei Cavalieri (pala con la Decollazione del Battista), nell'ex convento di San Francesco de' Macci. Per l'auditore Filippo Luci il Dandini dipinse La battaglia di Vienna descritta con grande entusiasmo da Francesco Saverio Baldinucci, ma del grande quadro di proprietà del Luci si sono perse le tracce. Così come sono rimaste sconosciute due tele ispirate a scene della stessa battaglia di Vienna del 1683, conservate fino ai primi anni del Novecento nella Villa Bellavista di Borgo a Buggiano poco distante da Firenze, di proprietà del funzionario granducale, marchese Francesco Feroni, forse il committente dei dipinti. A Palazzo Montecitorio a Roma si trova una serie di tele delle Quattro stagioni. Dipinse anche tele di scene rupestri. Una si trova in Sicilia, a Carruba di Riposto nel Castello di San Giuliano dei marchesi Paternò Castello. A Pier Dandini è attribuita la seicentesca "Assunzione della Madonna" conservata nella Chiesa di San Pietro a Colle di Val d'Elsa.