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CICLo AGOSTINIANo di Marzio Ganassini a Viterbo

Affreschi di Ganassini nel chiostro della chiesa della SS. Trinità: Le spoglie di Agostino sono trasferite in Sardegna

Le spoglie di Agostino sono trasferite in Sardegna

 

 

MARZIO GANASSINI

1610

Chiostro della Chiesa della SS. Trinità a Viterbo

 

Le spoglie di Agostino sono trasferite in Sardegna

 

 

 

L'iscrizione in margine al dipinto riporta: Nautae verrentes abiegnis aequora palmis tandem Sardiniae perducunt corpus ad aras. La scena ricorda la traslazione della salma di Agostino da Ippona a Cagliari, effettuata probabilmente da Fulgenzio di Ruspe nel 486 d. C. per sottrarre le spoglie del santo dall'oblio e dalle persecuzioni vandale. Nella scena immaginata da Ganassini quattro frati portano a spalla la bara, ricoperta da un coperchio o un lenzuolo nero con una croce bianca. Si stanno avviando verso la spiaggia, dove aspetta una nave a tre alberi pronta a salpare per la Sardegna. L'isola è stata raffigurata in mezzo al mare: una barca attenda sul bordo della costa, forse per traghettare la salma alla nave.

 

Il suo corpo sottratto ai Vandali durante l'incendio e distruzione di Ippona, venne trasportato poi a Cagliari dal vescovo Fulgenzio di Ruspe, verso il 508-517 circa, insieme alle reliquie di altri vescovi africani.

 

Sembra che il trasporto delle spoglie del santo in Sardegna nel 486 sia stata opera di vescovi africani fra i quali spicca Fulgenzio di Ruspe, uno dei più venerandi proscritti di famiglia senatoriale cartaginese. Le persecuzioni vandaliche contro i cristiani sotto i regni di Unerico e Trasamondo, consigliarono a molti cristiani l'esilio in Gallia e in Italia. Anche il vescovo Fulgenzio, che in una certa misura è l'ultimo discepolo di Agostino in terra africana, fu costretto all'esilio. Con lui le spoglie giunsero a Cagliari, dove ancora oggi nella chiesa di san Saturnino (V sec.) si venera la tomba vuota di Agostino. L'invasione saracena dell'isola di nuovo non concesse riposo alle spoglie del santo, che furono riscattate da Liutprando, il quale se le portò definitivamente a Pavia. Alcuni anni dopo la sua morte i barbari che erano divenuti padroni della città profanavano le chiese; allora i fedeli presero il corpo del santo e lo trasportarono Sardegna; erano passati 280 anni dalla sua morte.

JACOPO DA VARAGINE, Legenda Aurea

 

Vittore di Vita (latino: Victor Vitensis. Visse all'incirca tra il 430 e dopo il 484) fu un vescovo africano della provincia di Bizacena, autore della Historia persecutionis Africanae Provinciae, temporibus Geiserici et Hunirici regum Wandalorum, la principale testimonianza contemporanea delle politiche anti-nicene del regno ariano dei Vandali. Inizialmente divisa in cinque libri, l'opera è oggi pubblicata in tre, dei quali il primo, che si occupa del regno di Genserico (427-77), è un riassunto di altre opere, mentre i restanti due, che coprono il regno di Unnerico, sono il risultato della testimonianza diretta di Vittore. Sebbene talvolta esageri nelle sue descrizioni, sono pochi gli eventi raccontati e non accaduti.

VITTORE DI VITA, De persecutione Vandalica, II, 2-3, CSEL 7, 13-38