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CICLo AGOSTINIANo di Johannes Wandereisen

Agostino converte il manicheo Firmino, stampa seicentesca di Johannes Wandereisen pubblicata nel 1631 a Ingolstadt

Agostino converte il manicheo Firmino

 

 

WANDEREISEN JOHANNES

1631

Ingolstadt

 

Agostino converte il manicheo Firmino

 

 

 

L'iscrizione ricorda questo celebre episodio: multa valet domini monitus timor, intima transit, si modo cor non sit surdius aure tua. Questa incisione compare nell'elenco di Mair come diciassettesima immagine con la seguente spiegazione: Augustinus magnus verbi divini praeco. Sensit hoc Firmus, eiurato Manichaeismo nostra amplectens. Quanta fidei vanitas apud heterodoxos. Quantus zelus apud orthodoxos. Agostino ha l'aspetto di un vecchio, seduto nella sua sedia con schienale. Veste come un Canonico e ha alla sua destra Isaia appoggiato sulle Tavole della Legge e con in bocca una tromba che avverte l'empio dei suoi errori. Dietro di lui altri uomini assistono alla scena. Firmus è in ginocchio ai piedi di Agostino, il suo cappello e i suoi libri sono per terra, così come una valigia con altri bagagli. Con la mano destra tocca la Penitenza, una giovane donna che porta un cero illuminato. A destra due persone adorano un idolo mostruoso con la testa d'uomo e gambe da pesce.

 

Quest'uomo, dunque, di nome Firmino, colto umanista e fine conversatore, venne a chiedermi consiglio - come si fa con un amico carissimo - a proposito di certe questioni cui erano legate le sue speranze terrene: voleva sapere quale fosse il mio parere relativamente all'oroscopo basato sulle sue cosiddette costellazioni. Ma io, che avevo ormai una certa propensione verso il punto di vista di Nebridio, pur senza rifiutarmi di avanzare qualche congettura e dirgli quello che mi veniva alla mente perplessa, gli feci capire che ormai ero quasi convinto fossero tutte sciocchezze e ridicolaggini. Allora mi raccontò che suo padre aveva una sfrenata curiosità per i libri di quel genere, e un amico altrettanto appassionato a quegli studi, che vi si dedicava insieme con lui. Con pari entusiasmo e interesse i due alimentavano l'intimo fuoco con quelle sciocchezze, al punto che osservavano perfino i parti delle bestie di casa, prendendo nota delle posizioni celesti, in modo da raccogliere dati per la loro arte - per così dire. E diceva di aver sentito raccontare dal padre che mentre sua madre era incinta di lui, Firmino, anche una donna dell'amico paterno, una della servitù, si gonfiava nell'attesa di un figlio. Il che non poteva sfuggire al padrone, abituato a seguire scrupolosamente in ogni particolare i parti delle sue cagne. E così avvenne che entrambi calcolarono con minuziosa precisione, l'uno per la moglie e l'altro per la serva, il giorno, l'ora e il minuto di sgravarsi. E partorirono entrambe nello stesso momento, così che furono costretti ad assegnare rispettivamente al figlio e al piccolo servo le stesse identiche costellazioni fino al più minuto dettaglio. Infatti quando tutt'e due le donne entrarono in travaglio, i due padroni di casa si fecero reciprocamente sapere a che punto stavano le cose in casa propria, e disposero di servi da mandarsi l'un l'altro, appena fosse stata loro annunciata la nascita dei piccoli: cosa di cui non era loro difficile venire immediatamente informati, poiché ciascuno dei due era come un re nel proprio regno. E così, diceva, i messaggeri delle due parti si erano incontrati tanto esattamente a metà strada che i due padroni di casa non avrebbero assolutamente potuto registrare la minima differenza nella posizione delle stelle e nel computo degli istanti. Eppure Firmino, nato signore, se ne andava spedito e brillante per le vie del secolo, vedeva accrescersi il patrimonio, saliva di successo in successo: e quel servo, che non si era per nulla scrollato di dosso il giogo della sua condizione, continuava a servire i suoi padroni: era Firmino stesso, che l'aveva conosciuto, a confermarlo.

- 9. Dopo questo racconto - al quale non potevo che prestare fede, visto il narratore - tutte le mie resistenze crollarono e per prima cosa tentai di levare dalla mente quella curiosità allo stesso Firmino. Nel suo oroscopo, gli dicevo, per dargli un responso veridico avrei dovuto leggere la posizione primaria dei suoi genitori fra i concittadini, il prestigio della famiglia, la sua stessa origine nobiliare, l'educazione aristocratica e gli studi liberali: ma se quel servo mi avesse consultato sullo stesso oroscopo - perché era appunto identico - per dare anche a lui un responso veridico avrei questa volta dovuto leggervi la famiglia umilissima, la condizione servile e tutte le altre caratteristiche, ben diverse e lontane da quelle del primo caso. Ne conseguiva che osservando uno stesso stato di cose ne avrei fornito descrizioni diverse, se dovevano esser vere; se invece avessi dato descrizioni identiche, dovevano essere false. E ne dedussi senza più incertezza che i responsi veri ottenuti consultando gli oroscopi non sono opera d'arte ma di sorte, come quelli falsi non sono effetto dell'incompetenza ma dell'infido caso.

- 10. Da quel momento in poi diedi via libera alle mie elucubrazioni di argomenti irrefutabili contro i folli che ricavano un lucro da un imbroglio simile: ormai cresceva in me la voglia di attaccarli, ridicolizzarli e confutarli. Per far fronte all'eventuale insinuazione che il racconto di Firmino o di suo padre non fosse vero, presi a considerare il caso dei gemelli, che per la maggior parte escono dall'utero a distanza tanto breve l'uno dall'altro, che per quanto ci si sforzi di prestare a questo intervallo di tempo un potere sul corso naturale delle cose, l'osservazione umana non riesce assolutamente a rilevarlo.

AGOSTINO, Confessioni 7, 6, 8-10

POSSIDIO, Vita Augustini, 15