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CICLo AGOSTINIANo di Miguel de Santiago a QUITO

Agostino fra il sangue di Cristo e il latte della Vergine Maria, opera di Miguel de Santiago nel convento agostiniano di Quito

Agostino fra il sangue di Cristo e il latte della Vergine Maria

 

 

MIGUEL DE SANTIAGO

1656

Monastero agostiniano di Quito

 

Agostino fra il sangue di Cristo e il latte della Vergine Maria

 

 

 

L'origine di questa iconografia è certamente italiana e si riallaccia alla interpretazione poco ortodossa di una frase di Agostino: Hinc pascor a vulnere, hinc lactor ab ubere. Il primo esempio che si conosce risale al motivo centrale di una stampa del viterbese Mario Kartarius, che operò soprattutto in Italia nella seconda metà del '500. Un discreto aiuto di Santiago ha dipinto il viso virile e tormentato di Agostino, con delle belle mani aperte ad accogliere Cristo e la Vergine.

Una fine luce illumina lo sfondo dove campeggiano rovine antiche all'italiana. La Vergine mostra il tipico aspetto delle creazioni indigene di carattere popolare. In piedi su una nube è coronata di teste di angioletti alati: le fa da contr'altare simmetrico la croce di Cristo, anch'essa in piedi su una nuvola costellata di visi di angioletti.

 

L'episodio è relativo a una leggenda che nasce probabilmente in Italia. Diversi pittori si sono ispirati a essa che trae spunto da passi delle sue meditazioni: il santo è presentato innanzi al Cristo crocefisso ed alla Vergine, mentre, pregando, si domanda: "Hinc a vulnere pascor", e, volgendosi verso Maria, soggiunge: "Hinc lactor ab Ubere", concludendo: "Positus in medio quod me vertere nescio, Dicam ergo Jesu Maria miserere". Sembra che l'episodio prenda spunto da un passo della S. Aurelii Augustini Hipponensis episcopi et S. R. E. doctoris vita di Cornelius Lancelotz (1574-1622) O.S.A. edito ad Anversa nel 1616.

Lancillottus scrive, riportando parole apocrife di Agostino: "Positus in medio quo me vertam nescio. Hinc pascor a vulnere, hinc lactor ab ubere." La medesima scritta fu riportata da Francesco Francia e poi da Kartarius, un incisore nativo di Viterbo, che lavorò a Roma fra il 1560 e il 1570, nella sua stampa della Vita di Agostino edita nel 1570.

 

Per la sua maternità il sangue della Vergine che fu la preziosa materia del corpo di Cristo, ed il latte di cui Ella lo nutriva e che fu mutato nella sostanza del Salvatore, fu ipostaticamente unito al Verbo eterno. Il Cristo è la stessa cosa che la sua madre, fra l'uno e l'altro vi è identità di sostanza diceva san Pietro Damiani. La carne di Gesù Cristo è la carne di Maria, diceva Agostino, caro Iesu caro est Mariae e nel darci Gesù Cristo il suo corpo in cibo e il suo sangue in bevanda. Egli ci ha dato il corpo, il sangue, il latte e la sostanza della Vergine Maria, convertita in sua propria sostanza.