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CICLo AGOSTINIANo di Ottaviano Nelli a Gubbio

Agostino confuta gli eretici: affresco di Ottaviano nelli a Gubbio

Agostino confuta gli eretici

 

 

OTTAVIANO NELLI

1410-1420

Chiesa di sant'Agostino a Gubbio

 

Agostino confuta gli eretici

 

 

 

Per quanto un po' consunto, l'affresco è ancora ben leggibile. Agostino a sinistra è vestito da vescovo, ha un viso giovanile con la barba scura: è seduto sulla sua cattedra con davanti un libro aperto. Il santo sta discutendo e accompagna le parole con un gesto delle dita della mano sinistra. Gli uditori però non sono attenti ad ascoltare quanto piuttosto ad intervenire in modo anche vivace: due persone accovacciate, una giovane e una vecchia, sono invece tutte intenti all'ascolto. Un vecchio pensieroso tiene in mano un libro che sta strappando con cura. E' forse l'immagine di un manicheo che rifiuta le sacre scritture ? In tutto questo marasma, di chi ascolta e di chi protesta, l'immagine di Agostino dà forza e certezze.

 

Talvolta gli avveniva d'allontanarsi dal tema prescelto, ma diceva che era disposizione divina per salvare qualcuno, come avvenne in un caso in cui un manicheo fu convertito per una digressione che Agostino fece durante una predica, ed in cui dimostrò la falsità della dottrina manichea.

JACOPO DA VARAGINE, Legenda Aurea

 

16. 1. A Cartagine poi alcuni manichei, di quelli che chiamano eletti ed elette, furono sorpresi da Orso, procuratore della casa imperiale, ch'era di fede cattolica, e tradotti in chiesa da lui stesso, furono interrogati dai vescovi alla presenza degli stenografi.

16. 2. Fra i vescovi c'era anche Agostino di beata memoria, che più degli altri conosceva quella nefanda setta: perciò gli riuscì di mettere in luce i loro riprovevoli errori con citazioni tratte dai libri che i manichei hanno in uso, e così li indusse a confessare le loro bestemmie. Quegli atti ufficiali misero altresì in luce, per confessione di quelle donne, cosiddette elette, le pratiche indegne e turpi che essi secondo il loro perverso costume erano soliti commettere.

16. 3. Così lo zelo dei pastori procurò incremento al gregge del Signore e lo difese in maniera adeguata contro i ladri e i predoni.

16. 4. Agostino ebbe anche una pubblica disputa nella chiesa d'Ippona con un certo Felice, del numero di quelli che i manichei chiamano eletti, alla presenza del popolo e degli stenografi che trascrivevano ciò che veniva detto. Dopo il secondo o il terzo dibattito quel manicheo, vedendo confutati la vanità e l'errore della sua setta, si convertì alla nostra fede e passò alla nostra chiesa, come risulta anche dalla lettura degli atti.

POSSIDIO, Vita Augustini  16, 1-4

 

La fine della controversia donatista coincise pressappoco con l'inizio di una nuova disputa teologica che impegnò Agostino fino alla sua morte. L'Africa, dove Pelagio ed il suo discepolo Celestio si erano rifugiati dopo il sacco di Roma da parte di Alarico, era diventata il principale centro di diffusione del movimento pelagiano. Già nel 412 un concilio tenuto a Cartagine aveva condannato i Pelagiani per le loro opinioni sulla dottrina del peccato originale, ma, grazie all'attivismo di Agostino, la condanna dei Pelagiani, che avevano avuto il sopravvento in un sinodo tenuto a Diospolis in Palestina, fu reiterata dai successivi concili tenuti a Cartagine e a Milevi. Un secondo periodo di attivismo pelagiano si sviluppò a Roma; papa Zosimo, dopo essere stato convinto da Agostino, nel 418 pronunciò una solenne condanna contro i Pelagiani.

 

Questi errori ... cercavamo di confutarli ... allo scopo che anche Pelagio, venendone a conoscenza, li correggesse senza essere attaccato personalmente: in tal modo sarebbe stata eliminata la sua funesta dottrina e gli sarebbe stata risparmiata la confusione ... Furono pertanto inviati alla Sede Apostolica dai due Concili di Cartagine e di Milevi rapporti concernenti tale questione prima che arrivassero in mano nostra o nell'Africa i verbali del processo ecclesiastico in cui si afferma che Pelagio si sia giustificato davanti ai vescovi della Palestina.

AGOSTINO, Lettera 186, 2 a Paolino