Percorso : HOME > Scriptorium > Petrarca: Familiares > Lettera III, 15

lettera (III, 15)      a un amico

 

Scritta nel 1336-1340

da Ad Fontem Sorgie, a maggio

 

Lettera ad un amico litigioso, che come son da desiderare le amicizie de' buoni, così son da evitare le inimicizie dei malvagi.

 

(III, 15)  Ad amicum litigiosum, sicut bonorum amicitias appetendas sic malorum inimicitias declinandas.

 

 

Studeto bonis omnibus esse carissimus, neque verendum est ne nimios habeas amicos aut nimium tibi negotii obiciam. Ita dico, si omnes bonos amicos tibi feceris, pauci erunt. Rari quippe boni; numero vix sunt totidem quot Thebarum porte vel divitis ostia Nili. 'Quis' inquis, 'hoc loquitur?' Quid refert? si dictum probas, quid queris auctorem? Omne verum, ut ait Augustinus, a veritate verum est. Ego hec loquor. An forte tu negas? Loquitur experientia que mentiri non solet; loquitur veritas que mentiri non potest. Quodsi mortalem poscis auctorem, loquitur hec peritissimus rerum talium, Iuvenalis, quique profundissime mores hominum novit.

Si sibi non credis, audi alium, cuius ore loquitur Qui non modo novit sed et creavit homines. Is ergo quid ait? «Non est qui faciat bonum, non est usque ad unum». Poeta paucos, propheta nullum dixit; et secundum suum sensum uterque verissime.

Tu vero, quoniam desperandum non est aliquos bonos reperiri posse, ne, cum de omnibus desperare ceperimus, de nobis etiam necessario desperemus, cogita quosdam non modo bonos esse sed optimos, et pro concordia harum discordantium sententiarum, Flaccum velut arbitrarie pronuntiantem audi: Nam vitiis nemo sine nascitur; optimus ille est Qui minimis urgetur. Sic est profecto;

Stoici licet obstrepant, qui omnem morbum ex animis se radicitus avulsuros spondent; preclarissimi medicorum, modo quod pollicentur implerent. Sed in vita hominum, de qua nobis amicitie deligende sunt, experimento compertum est nullum animum, quantalibet serenitate tranquillum, levibus saltem interdum perturbationibus non moveri et quibusdam humanarum rerum turbinibus agitari.

Ceterum, sicut armata navis, in alto fluctuabitur; non succumbet, eaque, ut navis, sic animi precipua laus erit; ita fit, quod Stoicis non placet, ut in hac vita, cui nichil scimus inesse perfectum, sanitatis locum teneat levis ac medicabilis egritudo.

Igitur, ut ad rem oratio revertatur, ex hoc genere hominum, non quorum nulla sint vitia, sed quorum vitia virtutibus cedant - quod ipsum noveris esse rarissimum - amicos tibi, quibus potes artibus, efficito; poteris autem nullis melius quam imitatione morum ac similitudine studiorum.

Contra autem, malis, quorum innumerabilis multitudo est, nec amicus esto nec hostis; certe, nec cognitus. Vultum tuum aspiciant, animum ignorent; sequere illius consilium qui monet, ut «intus omnia dissimilia sint, frons populo nostra conveniat». Putent illi te agere quod vulgo agitur; tu vero tuum aliud negotium, et aliquid semper tecum maius agito. Sic enim maxime inter mundi discrimina securus evades, paucis carus, multis ignotus, odiosus nemini.

Neve me hodie de nichilo philosophatum putes, audio te adversus improbos ingens bellum et inexorabilem simultatem suscepisse, quos an corrigere an delere cogites incertum: utrobique enim par impossibilitas, nisi quod aliquanto facilius arbitror deleri posse quam corrigi.

Generose indignationis aculeos laudo, certamen irritum et studium inane non laudo; si enim laborem supervacuum declinare consilium est, quid de eo labore censeas, cuius unicus fructus est odium? Cane itaque receptui, obsecro; alioquin scito multis tibi legionibus opus esse.

 

Vale.

 

A un amico litigioso, che come son da desiderare le amicizie de' buoni, così son da evitare le inimicizie de' malvagi.

 

 

Cerca di esser molto caro a tutti i buoni; né temere che i tuoi amici siano troppi o che io t'imponga un'impresa troppo grave; perché, se ti farai amici tutti i buoni, saranno ben pochi:

Ché rari i buoni; e sono appena tanti

Quante di Tebe le porte e del fertile

Nilo le foci.

Chi dice così ? tu mi domandi. Che importa? Se il detto ti piace, perché ne domandi l'autore? Ogni vero, dice Agostino, viene da verità. Questo io affermo. Lo neghi tu? Lo dice l'esperienza, che non è avvezza a mentire; lo dice la verità, che non può mentire. Ma se tu desideri conoscere l'uomo che l'ha scritto, sappi che questi è Giovenale, espertissimo di tali argomenti, il quale ben conosceva l'animo umano. Se non credi a lui, ascolta quest'altro, per la cui bocca parla Colui che non solo conosce, ma creò gli uomini: E che dice? «Non c'è chi faccia bene; non ce n'è uno solo». Pochi disse il poeta, nessuno il profeta; e ciascuno, nel proprio senso, con gran verità.

Ma tu, poiché non si deve disperare che qualche buono non esista - ché se di tutti cominciamo a disperare, dovremo necessariamente disperare anche di noi stessi -, pensa che alcuni sono non solamente buoni, ma ottimi, e per mettere d'accordo queste due opposte sentenze, ascolta come arbitro Orazio:

Poiché nessuno senza vizi nasce,

E ottimo è colui che meno n'ha.

È proprio cosi; gridino pure gli Stoici, che promettono di sradicare ogni malattia dall'animo; medici veramente degni di lode, se mantenessero quel che promettono. Ma nella vita umana, da cui noi dobbiamo scegliere le amicizie, si sa per prova che chiunque, per sereno e tranquillo che sia, è qualche volta commosso da lievi turbamenti e agitato da qualche turbine d'umana passione. Ma, come nave bene attrezzata, anche se sarà sbattuto dalle onde, non affonderà; e questa sarà gran lode per lui, com'è della nave; e cosi avviene - e gli Stoici lo negano - che in questa vita, nella quale, come sappiamo, nulla è perfetto, invece della sanità si abbia una leggera e guaribile infermità.

Tornando dunque all'argomento, tra questa specie di uomini, non che non hanno vizi, ma che hanno meno vizi che virtù - e vedrai che son rarissimi -, cerca di farti degli amici con tutti gli artifici che puoi; e questi saranno soprattutto l'imitazione dei costumi e la somiglianza degli studi. Al contrario, coi malvagi, che sono in numero infinito, non essere né amico né nemico; anzi, fa' che neppure ti conoscano. Vedano il tuo viso, ignorino il tuo animo; segui il consiglio di Seneca, che dice: «la tua faccia si adatti al volgo, il tuo animo ne sia in tutto dissimile ».

Credano costoro che tu ti comporti come il volgo, ma tu continua a perseguire il tuo scopo e pensa sempre qualcosa di più grande. E così uscirai sicuro dai pericoli del mondo, caro a pochi, ignoto a molti, a nessuno odioso.

E perché tu non creda che io vada oggi filosofando su cose da nulla, sappi ch'io sento dire che tu hai intrapreso una guerra grande e un'inesorabile offensiva contro i malvagi, che io non so se tu intenda correggere o annientare; cose, l'una e l'altra, impossibili, sebbene io creda un po' più facile annientarli che correggerli. Lodo in te gli stimoli d'un generoso sdegno, non lodo il tuo vano disegno e l'inutile impresa; ché se è un buon consiglio evitare una sterile fatica, che dire di quella che si attira soltanto l'odio? Suona dunque a raccolta, te ne prego; se no, pensa che avrai bisogno di molte legioni.

 

Addio.